La delegazione del Partito Comunista a Bruxelles era composta dal segretario generale Marco Rizzo e dal compagno Guido Ricci, ufficio politico e dipartimento internazionale. 7/8 Dicembre 2015
Cari compagni,
i Comunisti d’Italia salutano cordialmente i partiti fratelli, partecipanti all’annuale incontro dei Partiti Comunisti e Operai d’Europa e ringraziano sinceramente il Partito Comunista di Grecia (KKE) per averci dato la possibilità di incontrarci, analizzare la situazione, scambiare le esperienze e fare il bilancio del lavoro svolto durante quest’anno.
Ci sembra che l’anno, trascorso dal nostro ultimo incontro, sia stato caratterizzato da un’acutizzazione del conflitto tra le principali potenze imperialiste. L’incapacità, come risultato dell’impossibilità, di uscire dalla crisi generale del modo di produzione capitalistico e il tentativo di assicurarsi il controllo dei mercati e delle materie prime, in primo luogo delle fonti di energia, spinge gli imperialisti verso il confronto militare sul piano internazionale e all’inasprimento delle misure repressive nei confronti di ogni possibile resistenza di classe all’interno dei loro stessi paesi. La politica estera e la politica interna dell’imperialismo non sono mai state così interdipendenti come oggi.
Con l’acutizzarsi delle contraddizioni, si acutizza la competizione interimperialista. Alla consueta concorrenza commerciale si aggiunge un’aspra lotta sul piano finanziario e valutario, dell’informazione e del confronto armato di nuovo tipo.
In questa lotta tra blocchi imperialisti viene ampiamente usata la tattica della cosiddetta “guerra ibrida”. Cosa essa sia ce lo spiega la stessa Dichiarazione Finale del Summit NATO, tenutasi in Galles il 5 settembre 2014: “un vasto complesso di misure, aperte o sotto copertura, militari, paramilitari e civili, impiegate in un piano altamente integrato”, cioè una tattica combinata, fatta di spionaggio, sistematica destabilizzazione politica del nemico, eversione e sabotaggio, repressione di qualsiasi opposizione interna, aggressione militare.
Nell’ambito della guerra ibrida, l’imperialismo utilizza in modo cinico anche il terrorismo.
Approfittiamo di questa tribuna per esprimere ancora una volta le condoglianze dei Comunisti alle famiglie delle vittime dei vigliacchi e criminali attentati terroristici a Beirut, Ankara, nei cieli del Sinai, Parigi, Bamako e ovunque i terroristi abbiano mietuto vite umane innocenti. Al tempo stesso, dichiariamo che gli assassini sono finanziati, sostenuti e armati dall’imperialismo degli USA, della NATO e dell’Unione Europea.
I primi gruppi terroristici islamici furono creati già alla fine degli anni ’70. A quel tempo, gli USA, la NATO, i paesi della Comunità Europea e la Cina finanziarono e armarono le bande di Al-Qaida di Osama Bin Laden e altri gruppi di mujaheddin, utilizzandoli contro il legittimo governo democratico dell’Afghanistan e contro l’Unione Sovietica che lo sosteneva. Naturalmente, dietro questo tentativo di “esportazione della democrazia” attraverso l’utilizzo dell’oscurantismo religioso integralista si nascondeva il progetto Unocal-Chevron per la costruzione di un oleodotto dal Mar Caspio a Karachi, un progetto strettamente collegato al programmato disfacimento dell’URSS e alla separazione delle repubbliche petrolifere dell’Azerbaijan, del Kazakhstan e del Turkmenistan. Come la storia ha mostrato, anche in quell’occasione gli USA non riuscirono a mettersi d’accordo con i loro Talebani e la situazione sfuggì al loro controllo. Secondo l’opinione del noto “giornalista internazionale”, anticomunista viscerale, ‘amico’ del Mossad e della CIA, Edward Luttwak, il successivo rafforzamento del terrorismo islamico dopo gli avvenimenti di allora è soltanto “un effetto collaterale, insignificante rispetto al raggiunto obbiettivo di rovesciare il comunismo in Unione Sovietica”. Questa cinica ammissione, espressa nel corso di una trasmissione televisiva della TV italiana, dedicata alla sanguinosa strage di Parigi, non fa che confermare la nostra analisi del terrorismo: è l’imperialismo che genera il terrore e se ne serve per perseguire i propri fini. Inoltre, il terrorismo, generato dall’imperialismo, è una delle forme con cui si combatte la guerra di tipo nuovo, la guerra ibrida.
La sistematica destabilizzazione degli stati mediorientali laici, progressisti o semplicemente non disposti a piegarsi al diktat imperialista è una delle cause primarie della diffusione del terrorismo islamico. L’imperialismo euro-atlantico ha finanziato e armato svariate organizzazioni terroristiche per rovesciare i governi non graditi sia in Afghanistan, che in Iraq, in Libia, oggi in Siria. Non dobbiamo dimenticare che l’ISIS nasce in Iraq alla fine della sporca guerra, scatenata dagli USA e dalla NATO col falso pretesto della “presenza di armi di distruzione di massa” e gli aggressori occidentali lo sostengono perché l’ISIS, sunnita, combatte contro i resti dell’esercito regolare iracheno e le milizie sciite di Muqtada As-Sadr, vicine all’Iran. La religione è solo un pretesto ideologico per l’arruolamento della carne da cannone delle bande terroristiche e per la copertura di lauti affari. In realtà, queste forze sono messe in moto dagli interessi, estremamente materiali, economici e geo-strategici, delle grandi potenze imperialiste; nel dato caso, degli USA e dell’UE. I gruppi terroristici, in effetti, sono stati usati in Libia per rovesciare Gheddafi e vengono utilizzati in Siria per combattere contro il governo di Bashar Al-Asad al fine di realizzare una nuova spartizione delle risorse naturali di quei paesi e garantire all’imperialismo euro-atlantico la supremazia geo-strategica su Russia, Cina e Iran nel Vicino Oriente.
L’ISIS gode dell’attivo sostegno degli alleati locali degli Stati Uniti e dell’UE. La Turchia, che fa anche parte della NATO, l’Arabia Saudita, il Qatar, gli Emirati Arabi Uniti e l’Oman, con il pretesto di aiutare la mitologica “opposizione moderata” al governo siriano, riforniscono l’ISIS di mezzi finanziari e armi, pur facendo formalmente parte della coalizione anti-ISIS, guidata dagli USA. Gli interessi geo-strategici delle maggiori potenze imperialiste occidentali si intrecciano alle ambizioni delle potenze locali ed anche ai ben più vili interessi personali di singoli governanti. Non è un segreto per nessuno che il contrabbando di petrolio, la vendita di droga e il commercio di schiavi e organi umani per i trapianti, siano le principali fonti di reddito dell’ISIS. Il principale acquirente di queste merci proibite o di contrabbando è la Turchia o, più precisamente, sono aziende e organizzazioni che fanno capo al figlio e ad altri parenti del presidente Tayyip Erdoğan. Su tutto questo gli alleati occidentali della Turchia chiudono gli occhi, mentre continuano a versare lacrime di coccodrillo, ributtanti per cinismo e ipocrisia, per le vittime del terrorismo.
Gli USA e l’UE hanno finora combattuto il terrorismo dell’ISIS e delle altre organizzazioni islamiche estremiste in modo puramente formale, di facciata e, per questo, inefficace, finché nel gioco non è entrato un altro paese imperialista, la Russia. Nonostante il rischio di escalation, non si può negare che il suo deciso ingresso nel conflitto armato, contro l’ISIS e a sostegno della sovranità siriana come fattore di stabilità della regione, abbia sconvolto i piani dell’imperialismo occidentale e posto probabilmente fine all’unipolarismo dell’ordine imperialista. Certo, la Russia non è l’Unione Sovietica e, indubbiamente, opera in una logica di grande potenza imperialista, tuttavia, è innegabile che:
lo smascheramento del doppio gioco degli imperialisti euro-atlantici, della Turchia, dell’Arabia Saudita e degli altri regimi reazionari della regione, aiuta l’opinione pubblica mondiale ad aprire gli occhi sulle vere ragioni del conflitto in Siria;
l’ISIS incomincia a ritirarsi, dopo avere perso, in tre mesi, il 50% della sua base economica, significative parti del territorio occupato e un sensibile numero di miliziani, grazie alle operazioni belliche congiunte dell’aviazione militare russa, dell’esercito regolare siriano e dei reparti combattenti curdi;
è stato raggiunto un accordo trilaterale sull’autonomia curda nella zona della frontiera siriana nord-orientale con la Turchia, che rappresenta sia un inizio di soluzione positiva della questione curda, che una spina nel fianco del governo reazionario di Erdoğan.
Sulla base dei fatti riportati, ci sembra che le azioni della Russia, nella fase attuale, non si contrappongano agli interessi e alle aspettative del movimento antimperialista, ma, al contrario, aprano nuove, rilevanti contraddizioni nel campo imperialista.
In conseguenza del rovesciamento dei governi laici e progressisti in Afghanistan, Iraq, Libia e della destabilizzazione della Siria, il livello di vita dei popoli di quei paesi è drasticamente peggiorato. La guerra e il terrore, l’aperta aggressione imperialista e l’intensificazione dello sfruttamento capitalistico hanno comportato l’impoverimento, materiale e morale, del popolo, hanno umiliato la sua dignità e calpestato la sua cultura. Miseria, guerra e terrorismo, dei quali sono responsabili USA, UE e NATO, sono appunto le cause fondamentali di un’ondata di emigrazione di profughi dai paesi, vittime dell’aggressione imperialista, mai vista prima.
Miseria e emarginazione sociale spiegano anche il relativo successo delle organizzazioni terroristiche islamiche nel reclutamento di adepti tra la gioventù sottoproletaria delle periferie delle città europee, figli e nipoti di lavoratori immigrati. L’imperialismo prima costringe enormi masse di popolo a fuggire dalla guerra e dalla miseria dei loro paesi, da esso stesso provocate, poi condanna i più “fortunati” a uno sfruttamento bestiale per un salario miserevole, mentre ne spedisce la maggior parte ad ingrossare le fila “dell’esercito industriale di riserva”, cioè dei disoccupati. Privi di istruzione, lavoro, mezzi materiali per un’esistenza dignitosa e di qualsiasi prospettiva di miglioramento della propria condizione, questi giovani possono diventare facile preda della propaganda religiosa radicale che promette loro le gioie del paradiso e la possibilità di un’impunita vendetta contro una società che odiano. Le gioie, ovviamente, solo nell’aldilà, come promette ogni religione che si rispetti.
Le centrali di propaganda imperialiste, cercando di fare sparire le tracce della loro criminale complicità con il terrorismo, stanno diffondendo la falsità, atta a creare panico, del “conflitto di due civiltà”, della guerra di religione dell’islam contro il cristianesimo. Sarebbe bene ricordare che le prime vittime dell’islam radicale sono proprio quei popoli, per la maggior parte di religione musulmana, che oggi si trovano nei territori occupati, sotto il giogo dell’ISIS, dove questo domina non per volontà di quei popoli, ma per complicità ed errori di calcolo politico dell’imperialismo americano ed europeo. Di quale conflitto di civiltà hanno il coraggio di parlare? Il conflitto in atto è tra il legittimo governo della Siria e le potenze imperialiste occidentali che lo hanno aggredito per assicurarsi il controllo strategico della regione e lo sfruttamento delle sue materie prime e delle sue fonti d’energia. Ma quale civiltà? Qui, al contrario, si sta rivelando tutta la barbarie dell’imperialismo, dei suoi alleati locali e dei banditi dell’ISIS.
Col pretesto della “difesa dei principi fondanti della civiltà occidentale dal terrorismo islamico”, gli USA e l’UE stanno preparando un ulteriore inasprimento dell’aggressione imperialista contro il popolo siriano, nel tentativo di controbilanciare l’efficacissima azione militare della Russia e la resistenza della parte migliore dei popoli siriano e curdo, ai quali esprimiamo la nostra solidarietà internazionalista nella convinzione che, alla fine, sconfiggeranno la barbarie.
Sul piano ideologico, gli imperialisti cercano di ottenere il consenso dell’opinione pubblica alla realizzazione dei piani di aggressione e di coagulare le masse popolari sulla piattaforma reazionaria e nazionalista della “difesa della civiltà occidentale”. A questo scopo stanno creando una psicosi allarmistica di “assedio” dell’Occidente da parte delle orde dei barbari islamici, ai quali ascrivono sia i terroristi che i profughi.
Sul piano politico e operativo, l’atmosfera di panico artificiale serve da pretesto ad un ulteriore aggravamento delle misure repressive e autoritarie all’interno degli stessi paesi membri delle unioni imperialiste. Con la scusa di difendere la popolazione dagli atti terroristici, si introducono poteri speciali per l’esercito e i servizi segreti, si vietano, per periodi più o meno lunghi, le manifestazioni politiche e sindacali, si limita la libertà di movimento dei cittadini all’interno dello spazio Schengen, si avanzano proposte di modifica delle costituzioni in direzione della limitazione delle libertà individuali e collettive e della concentrazione del potere in organismi non soggetti ad elezione popolare, si propone addirittura la schedatura del DNA di ogni cittadino. Insomma, oggi la borghesia si serve della minaccia terroristica per inasprire la dittatura del capitale.
I Comunisti sanno bene che le misure poliziesche e militari non sono in grado di risolvere definitivamente la questione del terrorismo, poiché esso è l’effetto del conflitto interimperialista, uno sporco metodo di conduzione della guerra imperialista di nuovo tipo. L’imperialismo è inseparabile dalla guerra e la guerra di nuovo tipo, come viene teorizzata nella dottrina militare della NATO, degli USA e dell’UE, è inseparabile dal terrorismo. Di conseguenza, la lotta al terrorismo, a sua volta, non può essere separata dalla lotta all’imperialismo, che ne è la causa principale.
All’ideologia religiosa radicale del terrorismo odierno dobbiamo contrapporre una visione del mondo materialista, scientificamente fondata, alla promessa del paradiso nell’aldilà dobbiamo contrapporre un programma politico concreto che indichi la via “dell’assalto al cielo” per la conquista del “paradiso” in questo mondo. Sottovalutare questo aspetto della lotta ideologica significa non tenere in considerazione l’essenza reazionaria di ogni religione e il rischio che la parte più sottoproletaria e politicamente meno preparata delle masse venga coinvolta in una logica di guerra di religione contro l’islam.
Sul piano politico, dobbiamo sforzarci di mobilitare la classe operaia e le masse lavoratrici per fermare la partecipazione dei nostri paesi ad avventure militari di qualsiasi tipo, in qualsiasi area geografica, sotto qualsiasi pretesto ed esigere la cessazione di tutte le missioni militari all’estero, indipendentemente dall’egida dell’ONU, con l’immediato rientro dei nostri soldati. Deve essere chiaro alle masse che lottare per la pace e la sicurezza è giusto e necessario, ma che oggi questo significa combattere l’imperialismo che le minaccia. Di conseguenza, bisogna far crescere la pressione popolare per l’uscita dei nostri paesi dalla NATO e dall’UE per evitare un loro ulteriore coinvolgimento nei piani delle unioni imperialiste, per i quali i nostri popoli già sopportano un insostenibile fardello economico e rischiano di pagare anche un prezzo di sangue.
La difesa della democrazia, delle libertà individuali e collettive, è sempre stata e resta anche oggi uno dei compiti principali dei Comunisti. Qualsiasi limitazione della democrazia, anche di quella borghese, puramente formale, si traduce in un peggioramento delle condizioni oggettive della lotta di classe del proletariato. Come ieri i Comunisti sono stati il reparto d’avanguardia della lotta antifascista, così oggi dobbiamo porci alla testa di un movimento di massa che sia in grado di unire i lavoratori e anche elementi della borghesia, orientati in senso progressista, sotto la bandiera della difesa della democrazia e delle libertà, dei diritti civili e sociali, oggi minacciati dal dominio del capitale monopolistico. Questo non significa perseguire alleanze di carattere politico con i vertici dei partiti borghesi, coinvolti nella gestione dello stato borghese, nel sostegno alla guerra imperialista e nell’applicazione di misure antipopolari e antidemocratiche. Non parliamo solo della socialdemocrazia, che si distingue per il suo impegno a soddisfare in ogni modo i piani della borghesia più reazionaria, ma anche degli opportunisti, in un modo o nell’altro legati al Partito della Sinistra Europea. Facendo finta di non capire la reale natura dell’Unione Europea, costoro, a parte qualche timido slogan su una mitica e inesistente “Europa dei popoli”, non fanno nulla per fermare la guerra imperialista e la criminale politica dell’Europa del capitale monopolistico, questa sì, invece, esistente. Tali inammissibili posizioni, purtroppo, hanno ancora diritto di cittadinanza persino all’interno del Movimento Comunista Internazionale. Se i socialdemocratici sono complici iperattivi della dittatura del capitale, gli opportunisti sono i complici passivi della borghesia imperialista.
Quando parliamo di movimento di massa in difesa della democrazia intendiamo una grande alleanza sociale di popolo lavoratore, compatto su una piattaforma antifascista e antimperialista chiara e senza compromessi, indipendentemente da appartenenze partitiche, sindacali e nazionali, che sia in grado di sbarrare il passo alla repressione, all’autoritarismo, al controllo spionistico sui cittadini e di sconfiggere i piani reazionari della borghesia monopolistica, nello spirito delle migliori tradizioni dell’antifascismo europeo.
A differenza dei socialdemocratici e degli opportunisti, la difesa della democrazia per noi non è il mantenimento conservatore dell’ordinamento esistente. Conosciamo bene sia il carattere di classe della democrazia, come una delle forme della dittatura borghese, sia la sua limitatezza. Nella nostra concezione, difendere la democrazia significa in primo luogo fermarne il degrado e la violazione, forzarne i limiti in senso progressista, introdurvi elementi di democrazia sostanziale per mezzo dell’allargamento dei diritti dei lavoratori e delle libertà collettive, creare i presupposti di una situazione di dualismo di potere. Certamente, tutto ciò non è la rivoluzione socialista, né la sostituisce, ma crea condizioni più favorevoli alla sua realizzazione.
Gli appelli alla “difesa della civiltà europea” da parte dei governi borghesi favoriscono il successo di organizzazioni di estrema destra e neofasciste. Il loro delirio razzista e xenofobo a volte si diffonde tra la gioventù, i disoccupati e i lavoratori meno coscienti, coltivando l’odio verso gli immigrati stranieri e la divisione del proletariato in base al colore della pelle o alla nazionalità. La divisione dei lavoratori e lo scatenamento della guerra tra poveri è una delle principali tattiche dei capitalisti contro la classe operaia. Per combattere questa tattica della borghesia, i Comunisti devono condurre una capillare agitazione propagandistica tra i lavoratori, i disoccupati, la gioventù e gli stessi immigrati. Occorre far comprendere che anche gli immigrati sono fratelli di classe. Non sono loro che determinano l’abbassamento di salari e pensioni, ma i capitalisti che sfruttano il lavoro altrui, indipendentemente dal passaporto o dal pigmento della pelle; non sono loro a privare di lavoro e prospettive future le giovani generazioni, ma la crisi economica del capitalismo, dalla quale la borghesia non è in grado di far uscire i nostri paesi; non sono loro la causa del degrado delle periferie, ma le amministrazioni borghesi delle città, che le hanno trasformate in veri e propri ghetti, contenitori dove si butta la spazzatura sociale che non si vuole vedere nei quartieri borghesi. Nei campi di ortaggi dell’Italia meridionale, uccisi dal logorante carico di lavoro, muoiono sia i braccianti italiani, che quelli immigrati; nelle fabbriche e nei cantieri dei nostri paesi, uccisi dall’asbesto, o dalla mancata osservazione delle norme di sicurezza, o dagli eccessivi ritmi di produzione, muoiono tanto i nostri operai, quanto i lavoratori immigrati. L’assassino è uno solo: il capitalista sfruttatore.
Perciò, la difesa degli interessi dei lavoratori europei non passa attraverso la negazione degli interessi degli immigrati, ma attraverso l’estensione anche a loro dei diritti conquistati, poiché questi interessi sono comuni, di classe e anche il nemico è comune, di classe. Spiegare questa verità oggettiva, ristabilire l’unità della classe operaia e la sua alleanza con gli altri strati del popolo lavoratore, indipendentemente da nazionalità, appartenenza partitica, lingua e religione, è compito primario dei Comunisti, oltre che l’unico modo per evitare una guerra tra poveri e l’ulteriore rovina dei lavoratori. La conquista dell’unità di classe e della parità di diritti di tutti i lavoratori, prima di tutto in termini di diritti sociali e collettivi, come il diritto al lavoro, a un salario e una pensione dignitosi, all’istruzione, alla salute, alla casa, alla cultura, lo sport e il tempo libero, alla sicurezza e alla pace, ci sembra di gran lunga più importante della sterile polemica, così cara agli opportunisti della sinistra borghese, sulla costruzione di moschee e altri luoghi di culto. I nostri avversari obietteranno che non ci sono risorse per realizzare un simile programma. Non è vero!
Nel corso dell’esistenza del capitalismo come modo di produzione dominante, il lavoro operaio ha creato una ricchezza enorme e continua a farlo anche in tempi di crisi. Sono state accumulate risorse che garantirebbero il benessere e lo sviluppo multilaterale dell’umanità, ma questo è impedito dall’appropriazione privata del prodotto sociale. E’ falso che manchino i mezzi per il soddisfacimento di quei fondamentali diritti sostanziali che ricordavamo più sopra. I mezzi ci sono, ma si trovano nei forzieri di un pugno di insaziabili borghesi. Nella nostra propaganda deve essere detto a chiare lettere che l’espropriazione della proprietà degli sfruttatori e la socializzazione della ricchezza accumulata a favore del popolo lavoratore significa non solo restituire ai produttori il frutto del loro lavoro, rubato dal capitalista, ma anche porre la base materiale per lo sviluppo libero, pacifico e pieno della società umana.
Chiamiamo i lavoratori ad unirsi in un unico fronte di lotta contro la guerra imperialista e lo sfruttamento capitalistico, per un libero, pacifico, felice futuro dell’umanità; il suo nome è: comunismo!
Oggi deve risuonare più forte che mai il nostro appello internazionalista: Proletari di tutti i paesi, unitevi!
TESTO IN RUSSO
ЕВРОПЕЙСКАЯ КОММУНИСТИЧЕСКАЯ ВСТРЕЧА – БРЮССЕЛЬ 2015
Выступление делегации Коммунистической Партии (Италия)
Дорогие товарищи,
Коммунисты Италии сердечно приветствуют братские партии, принимающие участие в очередной встрече Коммунистических и Рабочих Партий Европы и искренне благодарят братскую Коммунистическую Партию Греции за предоставление возможности встретиться, обсуждать обстановку, обменяться опытом, подвести итоги проведённой за этот год работы.
Нам кажется, что год, прошедший от нашей последней Встречи, характеризуется дальнейшим обострением конфликта между главными империалистическими державами. Невозможность выхода из общего кризиса капиталистического способа производства и попытка обеспечить себя контролем рынков и природных ресурсов, в первую очередь — энергоносителей, толкают империалистов к военной конфронтации на международном плане и к наращиванию репрессивных мер всякого возможного классового сопротивления внутри собственных же стран. Внутренняя и внешняя политика империализма никогда не были так тесно взаимосвязаны, как сегодня.
При обострении противоречий капитализма в его высшей стадии, обостряется и межимпериалистическое соревнование. Помимо обычной коммерческой конкуренции, ожесточённая борьба имеет место в финансовом, валютном и информационном секторах, а также в плане военного конфликта нового типа.
В этой межимпериалистической борьбе широко применяется тактика так называемой «гибридной войны». Что такое гибридная война нам объясняет само Заявление Саммита НАТО в Уэльсе от 5 сентября 2014 г.: «широкий комплекс мер, открытых и прикрытых, военных, полувоенных и гражданских, используемых в плане с высокой степенью интеграции». Иными словами, это — комбинированная тактика, состоящая из шпионажа, систематической политической дестабилизации противника, организованных подрывных диверсий, репрессии любой внутренней оппозиции, военной агрессии.
В рамках гибридной войны империализм цинично использует и терроризм.
Пользуемся этой трибуной, чтобы ещё раз выразить соболезнование Коммунистов семьям жертв подлых и криминальных терактов в Бейруте, в Анкаре, в небе Синайского Полуострова, в Париже, в Бамако и везде, где бы террористы ни убивали невинных людей. Одновременно, мы заявляем, что убийцы финансируются, поддерживаются и вооружаются империалистами США, НАТО и Евросоюза.
Первые террористические исламские группировки были созданы ещё в конце 70-ых годов. Тогда США, НАТО, страны Европейского Сообщества и Китай финансировали и вооружали бандформирования Аль-Каиды Осамы Бина Ладэна и другие группы муджахедов, используя их против легитимного демократического правительства Афганистана и поддержавшего его Советского Союза. Естественно, за этой попыткой «экспорта демократии» путём использования религиозного фундаменталистского мракобесья скрывался проект Юнокэл-Чеврон построить нефтепровод из Каспийского региона до Карачи. Этот проект был связан с запланированным развалом Советского Союза и отделением от него нефтяных республик Азербайджана, Казахстана и Туркменистана. Как история показала, и в тот раз тоже США не сумели договориться со своими Талибами и ситуация вышла у них из-под контроля. По мнению известного «журналиста-международника», ярого антикоммуниста, двойного агента Моссада и ЦРУ, Эдварда Луттвака, дальнейшее укрепление исламского терроризма после тогдашних событий — это лишь «незначительные побочные явления по сравнению с достигнутой цели свержения коммунизма в Советском Союзе». Это циничное признание, высказанное во время дебата на передаче итальянского телевидения после кровавого теракта в Париже, только подтверждает наш анализ терроризма: империализм порождает террор и пользуется им для преследования своих политических целей. Кроме того, терроризм, порождённый империализмом, является одной из форм проведения современной, гибридной войны.
Систематическая дестабилизация прогрессистских, светских, или просто не принимающих диктат империализма, государств Ближнего Востока, является одной из первых причин распространения исламского терроризма. Евроатлантический империализм финансировал и вооружал разные террористические организации для того, чтобы свергнуть неудобные ему правительства как в Афганистане, так и в Ираке, в Ливии, сегодня в Сирии. Нельзя забывать, что ИГИЛ рождается в Ираке в конце грязной войны, развязанной США и НАТО под ложным предлогом «наличия оружий массового уничтожения». Западные агрессоры его поддерживали, поскольку суннитский ИГИЛ воевал и с остатками регулярной армии Ирака, и с шиитскими отрядами Муктады Ас-Садра, близкими к Ирану. Религия является лишь идеологическим предлогом для вербовки пушечного мяса террористических бандформирований и для прикрытия бизнеса. На самом деле, эти силы приведены в движение весьма материальными экономическими и геостратегическими интересами крупных империалистических держав, в данном случае США и Евросоюза. Ведь фундаменталисты использовались в Ливии для свержения Каддафи и используются в Сирии для подрыва правительства Башара Аль-Асада, с целью осуществить новый передел природных ресурсов этих стран и обеспечить евроатлантический империалистический блок геостратегическим превосходством на Ближнем Востоке в отношении к России, Китаю и Ирану.
ИГИЛ пользуется активной поддержкой местных союзников США и Евросоюза. Турция, которая состоит в НАТО, Саудовская Аравия, Катар, Арабские Эмираты, Оман финансируют и вооружают ИГИЛ под предлогом помощи мифической «умеренной оппозиции» сирийскому правительству, хотя формально состоят в анти-игиловской коалиции под руководством США. Израиль воздерживается от любых военных действий против ИГИЛа. Геостратегические интересы самых крупных империалистических держав сплетаются с амбициями местных держав и даже с намного более низменными личными интересами отдельных правителей. Не для кого не секрет, что контрабанда нефтью, наркотики, торговля рабами и человеческими органами являются главными источниками дохода для ИГИЛа. Главным покупателем этих контрабандных и запрещённых товаров является Турция, а точнее — фирмы и организации, принадлежащие сыну и другим родственникам президента Тайипа Эрдогана. На все это западные союзники Турции закрывают глаза, а продолжают лить отвратительные по своему цинизму и лицемерию крокодиловые слезы по жертвам терроризма.
США и Евросоюз проводили до сих пор чисто формальную, показную, поэтому неэффективную, борьбу с терроризмом ИГИЛа и прочих экстремистских исламских организаций, пока в игру не вступила другая империалистическая страна — Россия. Несмотря на риск эскалации, нельзя отрицать, что её решительное вступление в вооружённый конфликт с ИГИЛом, в поддержку сирийской суверенности, как фактора стабильности региона, разбило планы западного империализма и, возможно, положило конец однополярности империалистического порядка. Конечно, Россия — не Советский Союз и безусловно действует в рамках великодержавной империалистической логики, но бесспорно, что:
- разоблачение двойной игры евроатлантических империалистов, Турции, Саудовской Аравии и прочих реакционных режимов региона помогает мировому общественному мнению открыть глаза о настоящих причинах конфликта в Сирии;
- ИГИЛ начинает отступать, потеряв за три месяца половину своей экономической базы, значительные части оккупированной территории и чувствительное количество боевиков благодаря объединенным боевым действиям российской военной авиации, сирийской регулярной армии и курдских отрядов;
- достигнута трёхсторонняя договорённость об автономии курдов в районе северо-восточной сирийской границы с Турцией; это и начало положительного решения курдского вопроса, и бельмо на глазу реакционного правительства Эрдогана.
На основе приведённых фактов, нам кажется, что действия России, на данном этапе, не противостоят интересам и ожиданиям антиимпериалистического движения, а наоборот открывают новые, важные противоречия в империалистическом лагере.
После свержения светских и прогрессистских правительств в Афганистане, Ираке, Ливии и дестабилизации Сирии резко ухудшился уровень жизни народов тех стран. Война и террор, наглая империалистическая агрессия, ужесточение капиталистической эксплуатации привели к материальному и духовному обнищанию народа, унизили его достоинство, растоптали его культуру. Нищета, война и терроризм, за которые несут ответственность США, Евросоюз и НАТО, как раз являются основными причинами невиданной эмиграционной волны беженцев из тех стран, которые стали жертвами империалистической агрессии.
Нищетой и социальной маргинализацией объясняется и относительный успех исламских террористических организаций в рекрутировании боевиков среди люмпен-пролетарской молодёжи из окраин европейских городов, детей и внуков иммигрантов-гастарбайтеров. Империализм сначала заставляет огромные массы людей бежать из своих стран от войны и нищеты, порождённых им самим. Потом, самых удачных из них подвергает непосильной эксплуатации за мизерную зарплату, а большинство направляет поправлять ряды «индустриальной резервной армии», т. е. безработных. Лишённые образования, работы, материальных средств на достойное существование, всякой перспективы улучшения своего бытия, эти молодые люди легко поддаются радикальной религиозной пропаганде, обещающей им возможность безнаказанной расправы над ненавистным обществом и блаженство рая. Блаженство, естественно, религия, как всегда, обещает потустороннее.
Империалистические центры пропаганды, пытаясь заметать следы своего криминального пособничества терроризму, распространяют паникёрскую ложь о «конфликте двух цивилизаций», о религиозной войне ислама против христианства. Следовало бы помнить, что первыми жертвами радикального ислама являются именно те народы, в большинстве своём мусульманского вероисповедания, которые сегодня находятся под игом ИГИЛа на оккупированных им территориях. ИГИЛ там господствует не по воле тех народов, а благодаря пособничеству и политическим просчётам американского и европейского империализма. О каком ещё конфликте цивилизаций может идти речь? Конфликт идёт между легитимным правительством Сирии и западными империалистическими державами, напавшие на него, чтобы обеспечивать себе стратегический контроль над регионом и эксплуатацию его сырьевых и энергетических ресурсов. Какая там цивилизация! Тут, наоборот, проявляется все варварство империализма, его местных союзников и бандитов ИГИЛа.
Под предлогом «защиты основополагающих начал западной цивилизации от исламского терроризма», США и Евросоюз готовят дальнейшее ожесточение империалистической агрессии против сирийского народа, пытаясь создать противовес весьма эффективным военным действиям России и сопротивлению лучшей части сирийского и курдского народов, которым мы выражаем нашу интернационалистскую солидарность, в убеждении, что наконец победа над варварством будет за ними.
На идеологическом уровне, империалисты стараются получить согласие общества на осуществление своих агрессивных планов, пытаясь сплотить народные массы на реакционной, националистической платформе «защиты западной цивилизации». Для этой цели искусственно создаётся панический психоз «осады» Запада со стороны орд исламских варваров, к которым относят и беженцев, и террористов.
На оперативно-политическом уровне, атмосфера искусственной паники служит поводом для дальнейшего обострения репрессивных и авторитарных мер внутри самих стран членов империалистических союзов. Под предлогом защиты населения от терактов, собираются ввести в закон чрезвычайные полномочия для армии и разведслужб, в некоторых странах Евросоюза запрещаются политические и профсоюзные митинги и забастовки на более или менее длительные сроки, ограничивается свобода передвижения граждан по Шенгенскому пространству, выдвигаются предложения изменения конституции в духе ограничения личных и коллективных свобод и сосредоточения власти в органах, неподлежащих общенародному выбору. Предлагается даже создать картотеку ДНК всех граждан. Одним словом, буржуазия сегодня пользуется угрозой терроризма для ожесточения диктатуры капитала.
Коммунисты понимают, что меры полицейского и военного характера не способны окончательно решить вопрос терроризма, поскольку он является эффектом межимпериалистической конфронтации, грязным методом проведения империалистической войны нового типа. Империализм неотделим от войны, а война нового типа, как она теоретизирована в военной доктрине НАТО, США и Евросоюза, неотделима от терроризма.
Следовательно борьба с терроризмом, в свою очередь, неотделима от борьбы с империализмом, как его главной причиной.
Мы должны противопоставить радикально-религиозной идеологии современного терроризма научно обоснованное материалистическое мировоззрение, обещаниям потустороннего рая — конкретную политическую программу, указывающую путь «штурма неба» для завоевания «рая» на этом, а не на том свете. Недооценивать этот аспект идеологической борьбы значит недооценивать реакционную суть любой религии и риск привлечения самой люмпенской и политически неграмотной части масс к логике религиозной антиисламской войны.
В политическом плане, мы должны прилагать все наши усилия, чтобы мобилизовать рабочих и трудящиеся массы с целью приостановления участия наших стран в военных авантюрах любого типа, в любом регионе и под любым предлогом. Требуем прекращения всех военных миссий, независимо от эгиды ООНа и немедленного возвращения домой наших солдат. Должны разъяснять массам, что бороться за мир и безопасность сегодня правильно и необходимо, но конкретно это значит бороться с тем, что угрожает миру и безопасности, т. е. с империализмом. Следовательно, надо усиливать агитацию среди народа в сторону выхода наших стран из НАТО и Евросоюза во избежание дальнейшего вовлечения в планах империалистических альянсов, за которые наши народы уже платят невыносимую экономическую цену, а рискуют платить ещё и кровавую цену.
Защита демократии, личных и коллективных свобод всегда была и сегодня остаётся одной из главных задач коммунистов. Любое ограничение демократии, пусть даже буржуазной, чисто формальной, переводится в ухудшение объективных условий классовой борьбы пролетариата. Как вчера коммунисты были авангардным отрядом антифашистской борьбы, так сегодня мы должны встать во главе массового движения, способного объединить трудящихся и даже элементы прогрессистски настроенной буржуазии под знаменем защиты демократии и свобод, гражданских и социальных прав, поставленных сегодня под угрозу господством монополистического капитала. Это не значит преследовать альянс политического характера с верхушками буржуазных партий, скомпрометировавшихся совместным управлением буржуазного государства, поддержкой империалистической войне и применением антинародных и антидемократических мер. Речь идёт не только о социалдемократии, которая особенно отличается своими усилиями угодить по всякому замыслам самой реакционной буржуазии, но и об оппортунистах, так или иначе связанных с Партией Европейских Левых. Они делают вид, будто не понимают истинную натуру Евросоюза и, кроме выдвижения некоторых робких лозунгов о мифической и несуществующей «Европе народов», ничего не предпринимают, чтобы остановить империалистическую войну и криминальную политику ныне существующей Европы монополистического капитала. Такие недопустимые позиции, к сожалению, имеют до сих пор право на существование и внутри Международного Коммунистического Движения. Если социалдемократы являются сверхактивными пособниками диктатуры капитала, то оппортунисты являются пассивными пособниками империалистической буржуазии.
Когда говорим о массовом движении в защиту демократии, мы имеем в виду широкий социальный альянс трудового населения, сплочённый на ясной и бескомпромиссной антифашистской и антиимпериалистической платформе, независимо от партийной, профсоюзной и национальной принадлежности, способный преградить путь репрессиям, авторитаризму, шпионскому контролю над гражданами и свести на ноль реакционные замыслы монополистической буржуазии, в духе самых лучших традиций европейского антифашизма.
В отличии от социалдемократов и оппортунистов, защита демократии для нас не означает консерваторское сохранение существующего строя. Нам хорошо известны и классовый характер демократии, как одной из форм буржуазной диктатуры, и её ограниченность. В нашем понимании, защищать демократию означает в первую очередь остановить её ограничение и деградацию, форсировать её пределы в прогрессистском направлении, внести в неё элементы существенной демократии путём расширения прав трудящихся и коллективных свобод, создать предпосылки ситуации двоевластия. Конечно, все это ещё не является социалистической революцией и не заменяет её, но создаёт более благоприятные условия для её осуществления.
Призывы к «защите европейской цивилизации» со стороны буржуазных правительств способствуют процветанию крайне правых, неофашистских организаций. Их расистский и ксенофобский бред иногда распространяется среди молодёжи, безработных и наименее сознательных трудящихся, культивируя ненависть к иноземным иммигрантам и разделение пролетариата на основе цвета кожи или национальности. Разделение трудящихся и развязывание войны между нищими — одна из главных тактик капиталистов против рабочего класса. Борьба с такой тактикой буржуазии требует от коммунистов кропотливой пропагандистской агитации среди трудящихся, безработных, молодёжи и тех же иммигрантов. Надо разъяснять, что иммигранты тоже братья по классу. Не они определяют снижение зарплат и пенсий, а капиталисты, эксплуатирующих чужой труд независимо от паспорта или пигмента кожи; не они лишают работы и перспектив на будущее молодые поколения, а экономический кризис капитализма, из которого буржуазия не в состоянии вывести наши страны; не они являются причиной деградации окраин, а буржуазные администрации городов, превратившие эти районы в настоящие гетто, своего рода баки, куда выбрасывается социальный мусор, который не хотят видеть в буржуазных районах. На огородных плантациях южной Италии от изнурительной трудовой нагрузки умирают как итальянские батраки, так и иммигранты; как наши рабочие, так и иммигранты умирают, убитые асбестом или неприменением норм безопасности, или чрезмерными темпами производства на заводах и стройках наших стран. Убийца для всех один: Эксплуататор, капиталист.
Поэтому защита интересов европейских трудящихся не проходит через ущемление интересов иммигрантов, а через распространение завоёванных прав на них тоже, поскольку эти интересы — общие, классовые и враг — тоже общий, классовый. Объяснить эту объективную истину и восстанавливать единство рабочего класса, его союз с другими трудящимися слоями народа, независимо от национальности, партийной принадлежности, языка, вероисповедания является прямой задачей коммунистов, единственным способом для избежания войны между нищими и дальнейшего разорения людей труда. Завоевание классового единства и истинного равноправия всех трудящихся в отношении прежде всего социальных, коллективных прав, как права на труд, на достойные зарплаты и пенсии, на образование, на здравоохранение, на жилье, на культуру, спорт и отдых, на безопасность и мир, нам кажется куда-то существеннее, чем стерильная полемика, которая так дорога оппортунистам из буржуазных левых партий, о строительстве мечетей и прочих культовых мест. Наши оппоненты возражают, что на осуществление такой программы нет средств. Это неправда!
За существование капитализма как господствующего способа производства, рабочий труд создал огромное богатство и продолжает это делать и во времена экономического кризиса. Накоплены ресурсы, которые позволили бы обеспечивать благосостояние и многостороннее развитие человечества, а этому препятствует именно частное присваивание общественной продукции. Неправда, что нет средств для удовлетворения тех основных существенных прав, о которых вспоминали выше. Средства есть, но они находятся в карманах кучки ненасытных буржуев. В нашей пропаганде должно быть ясно сказано, что экспроприация собственности эксплуататоров и обобществление накопленного богатства в пользу трудового народа значит не только вернуть производителям плод их труда, награбленный капиталистом, но и заложить материальную основу для свободного, мирного и полноценного развития человеческого общества.
Мы призываем всех трудящихся сплотиться в единый фронт борьбы против империалистической войны и капиталистической эксплуатации, за мирное, свободное, счастливое будущее человечества, а имя ему — коммунизм!
Сегодня как никогда должен громче звучит наш интернационалистский девиз – Пролетарии всех стран, соединяйтесь!
ANTIFASCISMO E’ ANTICAPITALISMO. Testo distribuito alle delegazioni estere (italiano ed inglese, Dipartimento Memoria. PC)
La Resistenza al nazifascismo, in Italia e in Europa, è in gran parte ridotta, purtroppo ma non a caso, a mere celebrazioni, a edulcorazioni estremamente dannose che non spiegano né ricordano nulla. A volte, neanche coloro che ne rivendicano l’eredità ne conoscono tanti aspetti, sfaccettature, particolarità di quello straordinario fenomeno insurrezionale di popolo che invece sarebbe tanto importante sottolineare.
Tanto, troppo tempo è passato. Una cosa è certa: oggi non si possono più accettare le mistificazioni di chi cerca di ridurre quel fenomeno, e non solo, a parte «marginale» della guerra. Le forze comuniste furono, al contrario, basti pensare al fronte orientale, fondamentali per contribuire a sconfiggere un mostro paradossalmente creato dal capitale e che il capitale stesso non riusciva più a controllare!
Il revisionismo storico degli ultimi anni ha svilito notevolmente l’operato delle forze comuniste in campo, regolari e non, sul piano internazionale e sui diversi piani nazionali. Abbiamo assistito, e assistiamo, a «riletture» storiche scorrette, mistificatorie; come le mastodontiche celebrazioni per lo sbarco degli statunitensi in Normandia, mentre i media facevano a gara per sorvolare (quando non per rimuoverlo completamente) sull’enorme, determinante contributo dell’Armata Rossa e del popolo sovietico tutto ad oriente; perché fu su quel fronte che la guerra subì la sua svolta determinante sul piano militare.
Fu il popolo Sovietico a «donare» a quella guerra oltre il 40% dei morti totali, una cifra che quasi centuplica il numero dei morti statunitensi!
Ricordiamo allora sempre con orgoglio e commozione l’annientamento dell’«operazione Barbarossa», l’eroico comportamento dei militari sovietici e della popolazione civile durante la terribile battaglia di Stalingrado quando, nonostante i mesi di assedio e le centinaia di migliaia di morti subiti, gli aggressori assassini tedeschi, italiani e non solo furono ricacciati nelle fogne dalle quali erano arrivati. Non sarebbe stata possibile soluzione diversa: da una parte si trovava un popolo, quello sovietico, che supportava con estrema convinzione il proprio governo, che credeva negli ideali rivoluzionari e che spinse questa sua convinzione, in milioni di donne e di uomini, fino all’estremo sacrificio; dall’altra popoli oppressi da ideologie reazionarie, costretti a una guerra imperialista condita da pseudo-ideologie farneticanti. Fu l’esercito sovietico ad entrare a Berlino, fu l’esercito sovietico ad entrare ad Auschwitz, nonostante mistificazione editoriali, cinematografiche e pseudo-storiche cerchino di fornire una narrazione diversa.
Ricordiamo allora con orgoglio e onore il contributo insostituibile del popolo Sovietico a quella guerra, il ruolo determinante della classe operaia alla guida dell’Esercito Sovietico, ai progressi da gigante che nei vent’anni successivi alla Rivoluzione d’Ottobre il popolo di quel Paese seppe fare!
Anche nel nostro Paese, come nel resto del globo, assistiamo alla continua continua diffamazione della lotta Partigiana, nel suo insieme e in ogni suo componente, da quelli di maggior spicco agli «ultimi» rivoltosi. Assistiamo alle continue calunnie contro la componente comunista, che in quella guerra fu maggioritaria. Stanno mistificando, svilendolo, il contributo che le forze comuniste seppe dare in Grecia – con i comunisti forza fondamentale all’interno Comitato politico di Liberazione Nazionale (PEEA) – come in Italia, noc il ruolo del Partito Comunista all’interno del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN).
Qualcuno mistifica dicendo che, ad esempio, in Italia la lotta armata iniziò tardi, quando la vittoria alleata era ormai sicura; tutto questo dimenticando l’antifascismo della prima ora, gli Arditi della prima ora che cercarono all’inizio degli anni Venti di opporsi all’avvento del fascismo, gli anni di organizzazione comunista negli esìli, nei confini, nella clandestinità, nelle «università» dei carceri, veri e propri luoghi di studio teorico e di elaborazione politica sul progetto di società che si voleva perseguire.
Tutte le mistificazioni e le distorsioni sono ovviamente interessate; e gli i antifascisti in generale non dovrebbero accettarle. La guerra partigiana fu determinante, ovunque, anche sul piano militare: con il sabotaggio dei rifornimenti, attraverso importanti vittorie sul campo e il continuo logorio militare e psicologico che i partigiani, e le centinaia di migliaia di loro fiancheggiatori nella Resistenza «passiva» tra la popolazione civile, esercitavano nei confronti dei nazifascisti.
Non poche città del nord Italia furono liberate dai partigiani prima dell’arrivo degli Alleati; in molti altri casi la collaborazione della guerriglia fu propedeutica e indispensabile all’intervento di questi ultimi. Lo stesso boia Kesselring, comandante in capo tedesco sul fronte meridionale, sovente lamentava le ingenti perdite subite sull’Appennino toscoemiliano a causa delle azioni di quei «banditi». Quei «banditi» tentarono di creare – è la straordinaria storia delle «repubbliche partigiane» – delle enclavi repubblicane e realmente democratiche all’interno dell’occupazione nazifascista, riuscendo in diversi casi a resistere a lungo.
Molti di quei banditi – non lo dimentichiamo, non lo dimenticheremo e vogliamo ricordarlo ancora – erano comunisti! Così come lo erano molti dei combattenti in Spagna, quando le brigate internazionali intervennero a sostenere un popolo che eroicamente si difendeva da un nemico golpista interno e internazionale. Così come lo erano in Grecia, un Paese che si è trovato un numero impressionante di volte a fare i conti col fascismo: durante l’occupazione italiana, la guerra e con i colonnelli col fascismo nella sua veste totalitaria, ma anche nel dopoguerra quando esso si manifestò senza maschere, sotto le spoglie delle truppe angloamericane. Quante centinaia di migliaia di vittime, quanti gli esuli di un Paese che fu struprato, massacrato, stravolto per sempre.
I comunisti, allora, non possono permettersi di stare sulla difensiva; possono e devono rivendicare, fino in fondo, la propria guerra di Liberazione, che era soprattutto Liberazione dalle catene del capitale e lotta per un sistema sociale diverso. Non possono permettersi di stare sulla difensiva perché i meccanismi revisionistici di trasmissione della storia subiscono processi di continue modifiche successive tese a stravolgerla. Questi meccanismi, infidi e pericolosi, fanno leva su sentimenti e presupposti che non solo non ci appartengono, ma che dobbiamo combattere e interrompere; ci riferiamo alla terribile confusione, ad esempio, che in ogni Paese provoca la ricerca di un’inaccettabile «memoria condivisa» e dell’«unità nazionale».
Sono concetti che non ci devono mai fuorviare: la nostra Memoria dev’essere una Memoria di classe, da condividere con le classi subalterne che hanno sempre condiviso e condividono ancora le nostre lotte; la nostra unità dev’essere l’unità delle forze lavoratrici e proletarie contro chi li ha sempre sfruttati! Nessuna condivisione tra gli aguzzini e i torturati, tra gli sfruttatori e gli sfruttati, tra gli industriali che costruiscono le catene e i lavoratori che vi sono soggiogati. Nessuna confusione, quindi, tra il torto e la ragione!
Certo, i comunisti hanno commesso errori. In tutta la drammaticità del periodo post–bellico, che coincideva con l’inizio della guerra fredda, si sono fatti errori tattici da non sottovalutare. La politica dei «fronti popolari», voluta e caldeggiata dalla stessa Unione Sovietica e che si rivelò fondamentale per la sconfitta del nazifascismo, avrebbe dovuto rappresentare una svolta meramente tattica. In Italia ad esempio, purtroppo, quella svolta rappresentò, anche a causa della situazione internazionale, un cambiamento degli obiettivi strategici delle forze comuniste, aprendo la strada, gradualmente, al «partito nuovo», al partito di «lotta e di governo», all’accettazione dell’«ombrello» della NATO, alla ricerca dell’«eurocomunismo», del compromesso storico, «matrimonio» di classe, oggi ormai consumato, con il nemico di sempre. Quante vite sacrificate in nome di nobili ideali, alla ricerca del «sol dell’avvenire»! Quanto sangue versato per obiettivi che milioni di donne e uomini morti, dispersi e mutilati sul campo non avrebbero mai voluto perseguire; non solo: obiettivi, frutto di continui compromessi al ribasso, che le loro menti non sarebbero mai riuscite neanche a concepire!
Il filosofo tedesco Walter Benjamin diceva: «la scintilla della speranza è presente solo in quello storico che è compenetrato dall’idea che neppure i morti saranno al sicuro dal nemico, se vince». Questo nemico non ha mai smesso di vincere, è giunta l’ora che qualcuno lo sconfigga!
A conferma di questo abbiamo potuto constatare, sempre e dovunque, come, morti i vari fascismi, la democrazia borghese subentrante decideva regolarmente di non fare i conti con i loro crimini: in Spagna, in Italia, in Germania al di là del processo formale e niente più di Norimberga, fino ai recenti esempi come quelli greco o cileno. Ogni volta la giustizia è clamorosamente mancata, non solo! Le democrazie borghesi hanno sempre assunto o mantenuto, nell’apparato dello Stato, nei servizi segreti e negli eserciti, coloro che si erano particolarmente distinti per i loro crimini contro le spinte rivoluzionarie e per il loro anticomunismo, pronti a rispolverare quei loschi figuri qualora il livello del conflitto sociale lo avesse nuovamente richiesto.
E allora: nessuna concessione, nessun compromesso, nessuna equiparazione, nessuna base di partenza o, peggio ancora, Memoria condivisa con il nemico di classe, con il nemico di allora e di oggi.
Ricordiamoci, infine, di quanto Antonio Gramsci, assai prima della marcia su Roma, aveva saputo leggere in anticipo rispetto a tanti altri militanti e osservatori politici del tempo. Nel fascismo, al di là delle esternazione patetiche, dei connotati di quei bulli che sfilavano in divisa, al di là dei loro ridicoli ma anche drammatici atteggiamenti, Gramsci aveva riconosciuto l’ultima, disperata risorsa di un capitale borghese, latifondista e industriale che – dopo la Rivoluzione di Ottobre, la nascita di centinaia di «Case del popolo», in presenza del «biennio rosso» – si sentiva profondamente minacciato e correva ai ripari.
Quella analisi, a cento anni di distanza, di fronte agli avvenimenti del Donbass, è esattamente la nostra stessa analisi di oggi! Partendo da questo, allora, ci continua a spingere la convinzione che non è mai – in qualsasi campo – possibile combattere gli effetti prescindendo dal combattere le cause.
I fascismi, le mafie, le massonerie: tutte facce della stessa medaglia che sguazzano, si intersecano e profilicano nei meccanismi del capitale.
Sin quando il capitalismo sarà il modello socio-economico, non sarà possibile sconfiggere il nazifascismo. È quindi ora di andare alla fonte: è ora di togliere l’ossigeno, culturale, finanziario e politico, che fomenta queste aberranti ramificazioni del sistema capitalista. È ora di spazzar via un modello politico-economico che nel mondo ha sempre saputo generare soltanto sfruttamento, guerra e distruzione.
Today, in Europe, as well as in Italy, the commemorations of anti-Fascist Resistance are reduced to simple celebrations and events without explaining or remembering the context around such events. Sometimes, even the people who say that they ideally belong to the Resistance do not fully know all the aspects and events behind such an extraordinary phenomenon of Peoples protagonism which should be taken into account, instead.
The days of anti-Fascist Resistance are long gone, but one thing is clear: today we can no longer accept the view of those people who talk about anti-Fascist Resistance as a “marginalˮ aspect of the II World War. In fact, as it was the case on the Eastern front, Communism had a fundamental role in the defeat of Nazi-Fascism: an ideological monster created by Capitalism which then lost its control on it.
In the last decade or so, the revisionism of the Resistance and of the II World War has marginalised the role of Communism both internationally and nationally. We have witnessed, and still witness, revised historic analyses of World War
II’s events such as colossal celebrations of D-Day in Normandy, whereas nothing was being said by the international medias, if not even denied, about the Red Army and Soviet peoples̕ decisive contribution in Eastern Europe, where the course of the war changed dramatically. In fact, 40% of the total deaths in World War II came from the peoples of the Soviet Union, almost a hundred times more than the deaths on the U.S. front.
Therefore, we proudly and emotionally remember the defeat of the Nazi-Fascist Operation Barbarossa, and the heroic battle of Stalingrad where after
months of siege and hundreds of deaths, the Soviet soldiers and civilians defeated the German and Italian invaders for the very first time. Then, no other alternative outcomes could be possible: on the one hand, there was the Soviet peoples fully supporting its own Government, and believing in the revolutionary ideals shared by millions of men and women ready to pay the ultimate sacrifice in order to preserve the Soviet revolution; on the other hand, there were Western peoples oppressed by reactionary idelogies, forced into an Imperialist was based on phoney ideologies. It was the Soviet army to first entered Berlin, and it was the Soviet army to enter Auschwitz despite recent editorial and cinematic reconstructions seem to tell a different story.
Therefore, we proudly remember the Soviet peoples̕ contribution during the war, the important role of the Working class leading the Soviet army, and the outstanding economic and social progress achieved in twenty years after the October revolution, by the peoples of the Soviet Union.
Today, in Italy like in the rest of the World, we witness constant attempts to denigrate the role of the anti-Fascist Resistance as a whole as well as that of its single members. Particularly, we witness false criticism on the Resistance’s Communist members which during World War II were its majority group. Western Capitalist forces are now putting in doubt, by denying it, the role of Communists in Greece – where the Greek Communists were fundamentally active in the creation of the National Liberation Political Committee (PEEA), or like in Italy with the Communist Party’s role within the National Liberation Committee (CLN).
In Italy, some phoney critics say the anti-Fascist struggle started late, and only when the Allies‘ victory was already achieved. Nevertheless, whilst saying that, they seem to forget the early years of anti-Fascism in the 20s, when the “Arditi del Popoloˮ (Peoples̕ Squads) tried to stop Fascism from gaining power, or the years when Communists got organised in exile, abroad, underground, and in the so-called “Prison Universitiesˮ where many of them set up remarkable studying groups planning Italy̕ s future Socialist society.
Obviously, such a distorted criticism of Italy’s Resistance is not objective, and therefore today’s anti-Fascists should not accept it as a true description of those years. The Partisan war was undoubtedly defining for the defeat of Fascism in Italy in every aspect, even from a military point of view: from the destruction of supplies to important victories on the battle fields, together with the constant military and psychological pressure used by Partisans and civilians (passive Resistance) which finally led to the defeat of Nazi-Fascism in Italy.
In the North of Italy, many cities were free from Nazi-Fascism before the arrival of the allied troops, and in many other cases the allies‘ victory was achieved thanks to the support of the local Partisans. Even the bloody Nazi general Kesselring, head of the Southern European front, often reported defeats and losses in facing the Partisans, “those banditsˮ as he called them, in the mountains between Tuscany and Emilia-Romagna. Furthermore, “those banditsˮ even managed to create independent Republics based on peoples‘ democracy right in the heart of Fascist Italy, resisting the attacks of Nazi-Fascist troops for months.
Many of those bandits were Communists, and that is something that we do not forget, and nor will we ever forget! Communists were also those who fought in Spain where the international brigades were involved in supporting the Spanish peoples against a national and international reactionary enemy. Finally, Communists were also those who in Greece faced many times Fascism: during the Italian Fascist invasion; during World War II; during the Generals‘ Fascist regime; during the aftermath of the war when Greece was occupied by US and British troops. Many were the people who died then, many were those who were forced to go in exile from a country violated and crashed forever.
Therefore, Communists cannot just afford to defend their past; they can and must revindicate the fact that the Liberation War was as their own one, as a liberation from Capitalism̕s chains, and as a struggle for a different social system.
Communists cannot afford to defend their past because revisionism aims to change History. A change which is misleading and dangerous because it is based on values that not only do not belong to us, but that we must stop and fight, such as the unacceptable idea of a “shared memoryˮ and of a “national unityˮ. We must be clear on those ideas: our “Memoryˮ must be only a “Class Memoryˮ to share with the Proletariat which has always shared, and still shares now, our struggles; our unity must be the unity of all workers and Proletarians against those classes which have always exploited them! There is no room for shared values between torturers and tortured, exploiters and exploited, between greedy bosses who create exploiting chains and workers who suffer from those chains. No confusion then between what is misleading and what is real.
Nevertheless, Communists made many mistakes in the past too. During the dramatic aftermath of World War II, and from the starting of the Cold War, there were tactical mistakes which we must not underestimate today. The strategy of Popular fronts in Europe, promoted by the Soviet Union, was fundamental for the defat of Nazi-Fascism, but it was only a tactical measure for that specific struggle. In Italy, for instance, such a tactics representd unfortunately the change of strategy pursued by Communists who no longer wanted a revolution to achieve Socialism, but who decided to create a “new Partyˮ, a Party of “class struggle while in Governmentˮ, a party that accepted Italy’s NATO membership, a Party that followed “Euro-Communismˮ, and, finally, a Party that started to side with its historical enemy.
So many lives were sacrificed for ideals aiming to establish Socialism in Italy!
So much blood was spilt by millions of dead, lost, injured women and men for changes which they would have never fought for, or even conceived.
The German philosopher Walter Benjamin used to say that the sparkle of hope is only in that historian who is fully aware that not even the dead are safe if the enemy keeps on winning. Such an enemy has never stopped winning since the end of World War II, and now it is the time that someone defeats it once and for all!
As a proof of such a need for a lasting victory against Capitalism, we have seen everywhere that after the defeat of Fascism, burgeois Democracy has never faced its own crimes: Spain, Italy, Germany with the so-called Nuremberg trials, or the most recent examples from Greece and Chile where justice has always failed. Furthermore, bourgeois democracy has always protected in its own army or secret services those who were clearly anti-Communists, and responsible for atrocities against any revolutionary force during the Fascist regime.
Threfore, no concession, no compromise, no comparison, or worse no “shared Memoryˮ with our class enemy!
Last but not least, we must remember what Antonio Gramsci understood about Fascism from its early years. Gramsci clearly understood that behind the ridicolus Fascist rethorics, behind the ridiculous attitude of Fascist militiae, there was always Capitalism’s desperate attempt to defend itself from being wiped out by the universal message of Proletarian protagonism coming from the October revolution, and from the creation of hundreds of Peoples̕ houses (Case del Popolo) during Italy’s “Red Bienniumˮ.
Gramsci’s analysis in the 20s fits perfectly with the events which are taking place in the Ukranian region of Donbass today, and therefore it becomes now our analysis! For such a reason, we are now convinced that no problem can be solved just by fighting the effects and not the causes of such problems. Fascism, Mafia, and Freemasonry are “effectsˮ of Capitalism which create them and use them for its own purpose.
Until Capitalism remains the main social-economic system, it will not be possible to defeat Nazi-Fascism. The time has come for us to concentrate on the “sourceˮ: it is now time to get rid of the cultural, financial, and political oxygen which creates such a Capitalist terrifying system. It is now time to wipe out a political-economic system which has always been the main cause of economic exploitation, destructions, and wars around the World.