ARRESTO DE VITO: LA RAGGI SI DIMETTA. VIA GLI AMICI DEI PALAZZINARI!

ARRESTO DE VITO: LA RAGGI SI DIMETTA. VIA GLI AMICI DEI PALAZZINARI!

comunicato della federazione romana del Partito Comunista

La federazione romana del Partito Comunista chiede le immediate dimissioni della sindaca Raggi e della giunta cinque stelle dal Comune di Roma. La vicenda dell’arresto del presidente dell’Assemblea Capitolina, Marcello De Vito, esponente di primo piano del movimento romano e già candidato sindaco nella precedente tornata elettorale non può essere trascurata.

Il Movimento Cinque Stelle ha fallito la sua missione di cambiamento della città, finendo per assecondare gli interessi dei costruttori e dei “poteri forti” che in campagna elettorale diceva di voler combattere. Ciò che avevamo previsto prima delle elezioni si è miseramente avverato. Indipendentemente dagli esiti della vicenda giudiziaria esiste una responsabilità politica chiara. Roma è allo sbando, tutti gli elementi di discontinuità del programma dei cinque stelle sono stati accantonati per una sostanziale continuità con le giunte precedenti.

La vicenda dello stadio della Roma è stata paradigmatica. Dall’opposizione all’approvazione di un piano persino peggiorativo in termini di opere a scomputo di quello voluto dalla giunta Marino. Se a ciò fosse corrisposto, come sembrerebbe emergere dall’arresto di oggi, anche il pagamento di tangenti, il tutto si aggraverebbe per gli ulteriori profili. Chi ha fatto della diversità e dell’onestà la propria bandiera, oggi deve trarne le conseguenze.

Il Partito Comunista – conclude la nota – ha sempre dato atto alla giunta capitolina di operare in un contesto di difficoltà e di pesante eredità dovuta all’azione delle giunte precedenti. Ha sempre respinto e continuerà a respingere al mittente le critiche dei partiti responsabili della condizione di Roma (PD e centrodestra in testa). Ma il tempo per questa giunta è scaduto. L’alternativa non esiste, c’è solo la peggiore continuità. La Raggi deve dimettersi immediatamente.

 

Via gli amici dei palazzinari da Roma, quale sia il loro colore politico!

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23 marzo. Progresso significa costruire un mondo per i lavoratori non per il capitale.

23 marzo. Progresso significa costruire un mondo per i lavoratori non per il capitale.

 

Il 23 marzo scenderanno in piazza a Roma i movimenti di lotta contro le grandi opere inutili e per la lotta ai cambiamenti climatici. Il Partito Comunista e il Fronte della Gioventù Comunista saranno in piazza sostenendo queste giuste battaglie. In particolare riteniamo fondamentale in questo momento storico legare le giuste rivendicazioni ambientali a una prospettiva generale di cambiamento del modello di sistema e evidenziare allo stesso tempo il totale cedimento da parte del Movimento Cinque Stelle alle pressioni dei grandi gruppi capitalistici e la rinuncia ai punti più avanzati e di rottura del proprio programma elettorale.

La questione ambientale paradigma dell’insostenibilità del modello capitalistico.

Il capitalismo è un modello insostenibile per il futuro dell’umanità. Non è insostenibile assicurare a tutti una vita dignitosa, i beni e le esigenze essenziali per tutti. È invece insostenibile continuare a promuovere uno sviluppo e un consumo che è finalizzato esclusivamente alla riproduzione del capitale e alla concentrazione dei profitti nelle mani di pochi grandi monopoli finanziari, che allo stesso tempo impedisce alla stragrande maggioranza delle persone di poter avere una vita dignitosa e accesso ai beni essenziali.

In nome di questo interesse i consumi sono stati dirottati sui prodotti più profittevoli, ma non sempre – anzi quasi mai – più necessari; la produzione è orientata in relazione alla capacità di massimizzazione del profitto e non in relazione alle esigenze dei lavoratori e della salvaguardia ambientale. Questi paradigmi sono propri del sistema capitalistico stesso e non sono ascrivibili unicamente all’ingordigia o alla brama di profitti dei singoli capitalisti, è il sistema stesso ad essere malato e ad imporre, pena l’estromissione mercato, di sottomettere la tutela ambientale alle ragioni della concorrenza.

La tendenza generale all’aumento della produzione di merci, alla competizione al ribasso sui prezzi, come strumento per la conquista dei mercati, si pone in conflitto insanabile con la natura finita delle risorse del pianeta e con l’incremento dei costi sociali e ambientali che vengono scaricati sulla collettività per consentire il mantenimento dei margini di profitto privati. Spesso ignoriamo che la massiccia delocalizzazione produttiva verso paesi in via di sviluppo ha diminuito i costi delle merci non solo in ragione di condizioni salariali più basse per i lavoratori locali, ma anche per la possibilità di eliminare i costi di produzione legati alle limitazioni di inquinamento e agli standard minimi di sostenibilità che venivano richiesti nei pasi in cui la sensibilità ambientale cominciava già a crescere e svilupparsi a livello di massa. Ovunque le ricadute ambientali sono costi scaricati sulla collettività da parte delle imprese private, direttamente monetizzate dai capitalisti. In poche parole, il capitale ha subordinato tutto all’accrescimento dei propri profitti, anche a costo di distruggere l’ecosistema e mettere a rischio la sopravvivenza stessa di milioni di persone.

È ormai evidenza scientifica che i cambiamenti climatici siano un prodotto diretto dell’azione dell’uomo, intendendo con questa espressione il modello di utilizzo indiscriminato delle risorse che trae inizio proprio con l’affermazione al potere della borghesia e il suo consolidamento.

Ciò comporta sfide nuove: mutamento dei cicli climatici con conseguente distruzione delle produzioni agricole, siccità e desertificazione, fenomeni atmosferici di portata sempre più eccezionale, innalzamento dei mari e distruzione di habitat, oltre che conseguenze più profonde e ancora da analizzare. Ciò mette in atto processi epocali, come le migrazioni verso i paesi più sviluppati, innesca conflitti locali e guerre per il controllo delle risorse sempre più scarse.

Il capitale ha posto al suo servizio la scienza e la tecnica, impedendo lo sviluppo di tecnologie più sostenibili ove queste si pongano in conflitto con i profitti privati. L’enorme progresso scientifico della nostra epoca potrebbe essere indirizzato verso le reali sfide dell’umanità, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita di milioni di persone e la sostenibilità della nostra esistenza rispetto all’ambiente in cui viviamo.

Il progresso della scienza e delle capacità dell’uomo consentirebbe oggi la soluzione di gran parte dei problemi che affliggono l’uomo e l’ambiente. Ma per far questo sarebbe necessario liberare l’immensa forza della scienza dalle sue catene capitaliste. Questo sarà possibile solo in una diversa società, in cui il potere sia nelle mani dei lavoratori e si perseguano gli interessi della maggioranza e non di una esigua e parassitaria minoranza. La questione ambientale diviene quindi oggi un nuovo paradigma della necessità storica dell’abbattimento del capitalismo e della costruzione di una società socialista. Per questo però è necessaria consapevolezza e il rifiuto di ogni falsa contrapposizione, alimentata scientificamente dai capitalisti, tra ambiente e lavoro. La versa contraddizione è tra ambiente e profitto.

L’ambientalismo capitalista di socialdemocratici e liberali

La centralità della questione ambientale nelle sfide e nel futuro dell’umanità attira inevitabilmente settori economici e politici, che tentano di strumentalizzare, per tornaconti immediati, la giusta lotta e l’attenzione posta da un numero crescente di persone nel mondo. La questione ambientale è divenuta elemento di conflitto internazionale tra Paesi non perché vi siano governi capitalistici più o meno inclini alla salvaguardia dell’ambiente, ma semplicemente perché anche le modifiche richieste nei trattati (si pensi alle emissioni), sono speculari agli interessi dei rispettivi settori monopolistici, e vengono utilizzate quali strumenti indiretti di lotta economica. Le conferenze intergovernative sul clima vengono piegate a questo scontro di interessi. Gli obiettivi, la loro estensione globale, le deroghe ad alcuni paesi, l’obbligatorietà o meno di tali vincoli sono decisi in base a questo confronto di interessi tra l’uno e l’altro settore monopolistico o conglomerato imperialistico. Tutto ciò come si può ben immaginare non necessariamente porta benefici dal punto di vista ambientale, anzi limita l’estensione e l’efficacia degli interventi di salvaguardia climatica.

I Partiti socialdemocratici e liberali in Europa tentano di utilizzare la questione ambientale come strumento per la propria affermazione nelle prossime elezioni europee, tentando di togliere terreno alle forze di destra. Si tratta di un’operazione che nulla ha a che vedere con la difesa dell’ambiente e che viene non a caso portata avanti dagli stessi partiti che in questi anni sono stati promotori degli interessi della finanza e delle grandi imprese. Per questo, con grande sostegno dei media, si scoprono iniziative in favore dell’ambiente, magari “promosse” da giovani, volti nuovi e puliti che di prestato inconsapevolmente a un gioco funzionale a togliere alle lotte per l’ambiente la portata realmente innovativa che oggi potrebbero avere, sottomettendole alle consuete logiche di contrapposizione tra settori del capitale, e tra partiti politici. Chiunque abbia a cuore la questione ambientale oggi non può che rifiutare queste strumentalizzazioni promosse non a caso dalle stesse forze che nei rispettivi Paesi sono corresponsabili delle peggiori politiche in favore degli inquisitori (tanto per citarne una si pensi alle responsabilità del PD sull’Ilva di Taranto)

Queste stesse forze alimentano l’illusione della possibilità di un’economia verde trainata da imprese ecosostenibili. La retorica della green economy, però, è utile soltanto a quelle imprese che beneficeranno dell’ennesimo trasferimento di risorse pubbliche, sotto forma di incentivi, in mano privata. Infatti non può esistere un modello pienamente sostenibile dal punto di vista ambientale in un sistema economico che antepone a qualsiasi altro aspetto la ricerca del maggior profitto privato possibile. L’idea di un capitalismo buono fatto di imprese verdi, che comunque mantengono invariato lo sfruttamento ai danni dei lavoratori e il saccheggio delle risorse dei popoli (non più il petrolio, ma cereali per biocarburanti per esempio), si infrange di fronte a una realtà in cui la sostenibilità ambientale viene cercata soltanto dove essa può garantire un abbattimento dei costi o la possibilità di aprire nuovi mercati su cui fare profitto, non considerando invece le reali esigenze del nostro pianeta.

Il paradigma delle grandi opere utili alla speculazione e non alle classi popolari e la mancata riconversione.

La lotta dei comunisti contro le grandi opere inutili, non è una battaglia contro il progresso e per l’immobilismo. Non significa sposare teorie decresciste o antistorici ritorni al passato. Non è una critica rivolta alla scienza, alla tecnica e alle nuove possibilità che l’innovazione tecnologica consente. Tutt’altro. La nostra è una critica sull’utilità di quelle opere rispetto ad altre più urgenti e necessarie, che sarebbero utili a migliorare la condizione quotidiana di milioni di lavoratori e delle rispettive famiglie. È una critica alla sottomissione delle enormi potenzialità del progresso scientifico al dominio del capitale, che, conseguentemente, ne orienta l’utilizzo nelle forme più utili alla realizzazione di profitti privati per pochi, e non al libero sviluppo in favore della collettività. Senza pretesa di esaustività e rimandando a analisi più specifiche queste sono le principali ragioni della nostra contrarietà alle opere in questione:

   – La TAV è un’opera costosa e inutile. La tendenza storica dello scambio merci tra Francia e Italia dimostra di divergere sensibilmente rispetto ai prospetti entusiastici che erano stati formulati per giustificare il progetto. Il guadagno in termini di spostamento sarà di circa un minuto, ottenibile anche con un ammodernamento della linea già esistente. Il costo è però di miliardi di euro che ben potrebbero essere spesi per un ammodernamento complessivo della rete ferroviaria italiana – quello sì che diminuirebbe sensibilmente traffico su strada e inquinamento – comprese le reti regionali, prese quotidianamente dai lavoratori. Il fatto che sia finanziato in parte con soldi europei non muta la questione: i fondi europei sono frutto della fiscalità generale, sono soldi dei lavoratori italiani e degli altri paesi della UE. Non si tratta di nessun regalo quindi fatto al popolo italiano, semmai di un regalo fatto con i nostri soldi alle imprese che parteciperanno;

   – Il gasdotto TAP è parte integrante del progetto imperialistico USA sul gas, e della guerra commerciale in atto con la Russia che ha come obiettivo la spartizione del mercato energetico europeo. Non si tratta dunque di una banale opera di approvvigionamento energetico dell’Italia, ma di una precisa strategia voluta dalla Nato;

    –  il MUOS ricopre una importanza strategica per l’imperialismo statunitense, con cui è colluso l’imperialismo italiano vincolati dall’alleanza militare della NATO, trasformando la Sicilia, con diverse basi e infrastrutture militari USA/NATO, in una piattaforma strategica per le guerre e interventi imperialisti in Africa e Medio Oriente per la ripartizione e l’ampliamento di sfere d’influenza e equilibri geopolitici, nel quadro di sempre più accese tensioni e dispute interimperialiste per il controllo delle risorse naturali, gasdotti energetici, vie di comunicazione, quote di mercato, nell’esclusivo interesse e per i profitti dei monopoli capitalistici e dei gruppi finanziari.

    – Trivellazioni in adriatico. L’Italia produce appena il 9% del suo fabbisogno di gas e petrolio. In Italia il petrolio non è di alta qualità ed è difficile da raggiungere perché i nostri giacimenti sono molto profondi. Per questa ragione le royalties pagate dalle società sono le più basse del mondo, con la conseguenza che il guadagno finisce pressoché tutto in mani private e non certo a beneficio della collettività. Le società pagano appena il 10% su petrolio e gas, mentre in mare dal 2012 ci sono due diverse aliquote: 10% per il gas e 7% sul petrolio. Il tutto sottoposto a franchigia: nessun pagamento se si producono meno di 20mila tonnellate di petrolio su terra e meno di 50mila in mare. Praticamente un regalo. Sulla collettività invece si scaricano i costi delle trivellazioni, con inquinamento marino e delle coste.

l ricatto occupazionale delle imprese e la difesa del lavoro della classe operaia.

Si dice che le grandi opere portano lavoro; che in un momento di crisi dell’edilizia la garanzia dei livelli occupazionali può essere mantenuta solo attraverso queste opere. Si pubblicano studi che parlano di centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro con la TAV e con le grandi opere, sia nell’immediato che per l’impatto successivo sull’economia. Si tratta di teorie false, frutto di menzogne e manipolazioni finalizzate alla protezione degli interessi dei capitalisti, purtroppo fatte proprie anche da settori maggioritari dei sindacati confederali che le promuovono tra i lavoratori.

Basta vedere i precedenti delle olimpiadi di Torino, dei mondiali di nuoto a Roma, persino dell’Expo di Milano: grandi esborsi per strutture senza alcun impatto successivo in termini occupazionali o con impatto minimo, assolutamente ingiustificato a fronte di montagne di debiti di soldi pubblici finiti nella speculazione privata.

Maggiori e più stabili ricadute favorevoli all’occupazione si avrebbero investendo le medesime somme in opere utili al Paese, come la riconversione edilizia, la creazione di nuove scuole e ospedali, l’ammodernamento delle tratte ferroviarie e stradali del Paese e così via. Tutte queste opere richiedono assunzioni e lavoratori, ma garantiscono margini di profitto inferiori delle grandi concentrazioni speculative. Per questo le grandi società edili e finanziarie non le vogliono. Per questo, al contrario, i lavoratori dovrebbero rivendicarle, dal momento che il miglioramento delle condizioni complessive di vita (salute, istruzione, casa…) interessa proprio i lavoratori salariati e le classi popolari. Si tratterebbe inoltre di posti di lavoro che possono essere mantenuti nel lungo periodo, di occupazione stabile e non di posti vincolati a singole iniziative.

La classe operaia non può piegarsi alle parole d’ordine della Confindustria e degli edili, che utilizzano il ricatto occupazionale come strumento di pressione per la difesa dei loro profitti e non certo per favorire i lavoratori. La classe operaia ha un ruolo storico: abbattere questo modello di sistema e edificare una società dei lavoratori per i lavoratori. La lotta concreta e immediata per la difesa dei posti di lavoro non può marciare separatamente da una visione complessiva dei processi sociali. I lavoratori non possono e non devono essere indifferenti al tipo di sviluppo che viene loro proposto, non devono subirne passivamente gli assunti.

La forza organizzata e la consapevolezza della classe operaia sono l’unico elemento che potrà effettivamente rovesciare questa situazione: innalzare il livello delle lotte e delle loro parole d’ordine significa combattere insieme tanto lo sfruttamento e il ricatto occupazionale, assicurando lavoro e difesa dei salari, tanto rafforzare la lotta complessiva per l rovesciamento di rapporti sociali insostenibili oggi anche alla luce del loro impatto sull’ambiente, sulla salute dell’uomo, sul futuro delle nuove generazioni.

 Il tradimento del Movimento Cinque Stelle e la lotta dei comunisti. 

Il Movimento Cinque Stelle ha dimostrato tutto il suo opportunismo politico. Negli anni si è fatto portavoce dei movimenti di lotta, fino a spingersi a chiedere il “voto utile” contro la frammentazione del voto per portare i cinque stelle al Governo e far bloccare le grandi opere inutili. Al Governo ha ceduto sistematicamente alle pressioni dei settori capitalistici, nazionali e internazionali, spalleggiati apertamente dalla Lega (come pure dal centrodestra e dal PD) approvando tutte le opere di cui aveva assicurato lo stop.

I 5 Stelle hanno dato il via libera al TAP subito dopo il colloquio tra Conte e Trump alla Casa Bianca, hanno autorizzato nuove concessioni e esplorazioni nell’Adriatico; non hanno bloccato il MUOS. Sulla TAV si nascondono dietro un cavillo lessicale in attesa delle prossime elezioni, consapevoli di aver già ceduto. Sull’ILVA di Taranto hanno approvato lo stesso piano promosso dal ministro PD Calenda, accettando la svendita dell’ILVA a una società multinazionale, promuovendo un piano che è assolutamente negativo sia sul piano dell’impatto occupazionale (1/5 dei lavoratori in cassa integrazione) e sul lato ambientale con assicurazione dell’immunità penale e revisione al ribasso dei progetti di riqualificazione, con obblighi pressoché inesistenti per la nuova proprietà.

Tutto ciò è avvenuto non solo a causa dell’opportunismo dei cinque stelle, ma anche e soprattutto perché nessun partito che accetti le logiche capitalistiche, rinunciando alla lotta contro questo modello di società, nessun partito che accetti la permanenza all’interno delle organizzazioni imperialistiche (Nato, UE…) può realizzare un vero cambiamento. É dunque importante che da questa esperienza i movimenti di lotta, i lavoratori e tutti i cittadini sensibili alle tematiche ambientali e all’opposizione alle grandi opere inutili acquisiscano esperienza, evitando di cadere nuovamente nella trappola di nuove forze politiche che faranno dell’ambientalismo una battaglia di circostanza, buona a carpire voti e a trainarle verso successi elettorali. La vera misura della coerenza su queste lotte, si misura con la determinazione strategica a realizzare un rovesciamento delle premesse che le sorreggono.

La lotta dei comunisti per il rovesciamento del sistema capitalistico contiene in sé le rivendicazioni più avanzate dalla lotta per la difesa dell’ambiente. Lottare contro il capitalismo, per la costruzione di una società dei lavoratori e per i lavoratori, significa combattere contro le vere cause e non frammentare inutilmente le lotte in una miriade di comitati e organizzazioni che combattono, ognuna, contro uno dei singoli effetti prodotti dal capitalismo. Per questa ragione l’azione unitaria dei movimenti di lotta può rappresentare un primo passo importante verso l’acquisizione di una maggiore coscienza complessiva e nella conquista di una direzione delle lotte che si rivolga complessivamente al rovesciamento di un modello sociale ingiusto e oggi evidentemente insostenibile anche sotto il profilo della salvaguardia dell’ambiente e della salute.

 

 

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Ai lavoratori non servono giravolte, ma coerenza e impegno per la ricostruzione comunista

Ai lavoratori non servono giravolte, ma coerenza e impegno per la ricostruzione comunista

Ancora una volta le tornate elettorali dettano l’agenda politica della sinistra, anche nelle sue organizzazioni più radicali, piegando qualsiasi prospettiva strategica all’utilità immediata del risultato contingente, e anche dell’autoconservazione dei suoi gruppi dirigenti. Quando un anno fa il Partito Comunista decise di presentare il proprio simbolo alle elezioni politiche e quindi di non partecipare a coalizioni elettorali unitarie di sinistra, attirò su di sé molte critiche. È bastato meno di un anno per dimostrare le ragioni della nostra scelta.

In ogni prospettiva di aggregazione a sinistra manca sistematicamente qualsiasi chiarezza sulla differenza tra l’alternativa al PD – condizione necessaria ma non sufficiente –  e la costruzione di una soggettività politica che esprima il rifiuto del sistema capitalistico e che lotti per far avanzare la prospettiva di un’alternativa alla società capitalistica. In nome di questa ambiguità si può rifiutare l’accordo con il PD, ma allo stesso tempo sostenerlo con settori altrettanto responsabili della condizione dei lavoratori e delle masse popolari: partiti e personaggi impegnati nelle amministrazioni locali, nei governi regionali, imbevuti della retorica della democrazia borghese, della legalità borghese, di una visione riformista, assolutamente compatibile con le dinamiche di salvaguardia del capitalismo. L’ambiguità si scioglie, l’alternativa diventa solo elettorale –  magari persino temporanea, in attesa di sviluppi interni al PD –  ma assolutamente priva di qualsiasi prospettiva strategica che ponga una reale differenza con le forze che comunque stanno “dentro” al sistema borghese ed alle sue logiche. Una parte rilevante delle forze più sane della società: lavoratori, settori di sindacato conflittuali, giovani, studenti, protagonisti delle lotte sociali vengono così imbrigliati, loro malgrado, all’interno dei meccanismi di bassa politica della società borghese.

Per questa ragione si cercano formule di compromesso buone per tutte le stagioni che esprimano un’apparente radicalità senza dire nulla. Una di queste è l’idea della “rottura dell’Unione Europea dei trattati” che in concreto non significa assolutamente nulla, e che a ben vedere, non è altro che l’ennesima declinazione della visione riformista Sinistra Europea, con parole apparentemente più radicali. Dopo l’Arcobaleno, la Rivoluzione Civile, l’Altra Europa e Pap, saremmo ora di fronte ad un nuovo simbolo, per la quinta volta. A una leadership affidata, per la terza volta a un ex-magistrato, da Ingroia a Grasso, e oggi a De Magistris. No, grazie. Lo diciamo con rispetto per chi fa questa scelta, a nostro avviso, sbagliando.

Da comunisti riaffermiamo, ancora una volta, che la nostra prospettiva strategica è la costruzione di un forte, radicato, coerente Partito Comunista, che sia percepito come serio e affidabile da parte dei lavoratori e delle classi popolari del nostro Paese. È un processo che richiede tempo e non conosce scorciatoie. Esige un percorso sicuramente lungo, necessariamente chiaro e coerente. Non ha bisogno di continue giravolte, cambi di linee strategiche, simboli, figure di riferimento, situazioni che producono disorientamento, evitando sistematicamente la sedimentazione di qualsiasi ipotesi organizzativa. L’elettorato della sinistra “alternativa al PD” in dieci anni ha visto solo sconfitte, non tanto elettorali, quanto strategiche. Oggi un’altra ancora, che non fermerà di un millimetro il progressivo scivolamento in senso reazionario della società italiana.

Guardiamo alle elezioni europee, come abbiamo sempre fatto, con la consapevolezza che le elezioni servono a costruire e rafforzare il Partito e non viceversa. Siamo consapevoli che l’ostacolo della raccolta di 150.000 firme in tutto il Paese è enorme, ma non per questa ragione ci accodiamo a percorsi elettorali che sono antitetici rispetto alla nostra prospettiva. Il Partito lavorerà con le proprie forze, con tutti i sinceri comunisti che vorranno sostenere insieme a noi questo sforzo. Abbiamo sempre ricercato l’unità comunista ma attribuendo a questa espressione una prospettiva strategica e non istituzionale ed elettorale. Affermiamo nuovamente che la nostra porta è aperta, ma con altrettanta chiarezza diciamo che non siamo disponibili a discutere di unità comunista con quei dirigenti che, dopo essere stati rifiutati da chi ha preferito altre alleanze, si riscoprono improvvisamente fautori dell’unità dei comunisti sotto elezioni. Servono scelte strategiche non vecchie logiche.

Siamo consapevoli della difficile condizione della società italiana, del contesto internazionale, di quanto sta accadendo nel nostro continente e nel mondo. Ma siamo altrettanto consapevoli degli errori commessi nel passato dalla sinistra, e anche dai comunisti. Non sarà rinunciando alla costruzione dell’unico progetto in grado di lottare per una società alternativa al capitalismo che miglioreremo questa situazione. Abbiamo il dovere di evitare che nuovi errori strategici possano intaccare anche quel poco –  certamente ancora insufficiente –  che fino ad oggi siamo riusciti a ricostruire in termini di militanza, consenso, interesse attivo specie tra le nuove generazioni. Perché questo è l’embrione della nuova società che dobbiamo far nascere. Sarebbe un errore imperdonabile sacrificarlo in nome della pressione del momento, o peggio ancora di calcoli meramente elettorali. Sappiamo che una linea coerente può apparire rigida, ma nel tempo è l’unica che paga

Abbiamo un Partito e una Gioventù che crescono nel Paese, lavoreremo coerentemente per rafforzarli. Per questo rivolgiamo un appello a quanti saranno delusi dalle ennesime giravolte e esperienze fallimentari, ai lavoratori, ai giovani: abbandonate le illusioni, unitevi a chi con determinazione e coerenza vuole costruire in questo Paese un forte Partito Comunista, unico strumento in grado di condurre i lavoratori e le classi popolari alla loro liberazione, all’abbattimento dell’oppressione capitalistica alla costruzione di una società socialista. Negli anni futuri, quali siano le condizioni di questo Paese e del mondo il Partito Comunista ci sarà, noi ci saremo e saremo più forti. Con il nostro simbolo, con le nostre bandiere, con le nostre idee. Ne è la riprova una forte e combattiva gioventù, che testimonia più di ogni altro fattore le solide basi su cui poggia la ricostruzione comunista in Italia. Chi oggi potrebbe dire altrettanto?

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IL PARTITO COMUNISTA CORRERA’ CON IL PROPRIO SIMBOLO ALLE ELEZIONI POLITICHE.

IL PARTITO COMUNISTA CORRERA’ CON IL PROPRIO SIMBOLO ALLE ELEZIONI POLITICHE.

Il Partito Comunista presenterà la propria lista sotto il simbolo della falce e martello alle elezioni politiche 2018. Dopo anni di assenza dei comunisti nella principale competizione elettorale, che ha privato i lavoratori dell’unico voto utile alla difesa dei propri interessi, crediamo sia necessario restituire alla classe operaia e alle classi popolari la possibilità di tornare a votare per il Partito Comunista. Di fronte ai tentennamenti, alle promesse disattese, alla ricerca di scorciatoie che non esistono da parte     dei partiti della “sinistra”, mettiamo la nostra forza al servizio della ricostruzione comunista in Italia.
Una scelta che avviene all’indomani della manifestazione dell’11 novembre, in cui migliaia di comunisti -in larga parte giovani- sono scesi in piazza a Roma, testimoniando la forza conquistata da PC e FGC con l’impegno militante nella classe operaia, tra le masse popolari, nei quartieri delle periferie delle città.
Nei mesi scorsi abbiamo rivolto un appello alle forze comuniste per fare dei passi in avanti nella direzione dell’unità comunista. Questa proposta non è stata raccolta, preferendo la strada delle alleanze più larghe, della costruzione di fronti di sinistra ed anche di nuove esperienze politiche. Ne prendiamo atto ma non rinunciamo alla nostra strada, all’indipendenza dei comunisti.
Non vogliamo lasciare i lavoratori, i disoccupati e i pensionati di questo paese ostaggio di una finta alternativa tra la destra, i cinque stelle, il centrosinistra, pilastri fondamentali del disegno e delle politiche filo-padronali e antipopolari. Non crediamo che la classe operaia possa essere rappresentata da Grasso, dai D’Alema e dal gruppo dirigente pro-Bolognina fuoriuscito dal PD, primo responsabile dell’attacco ai diritti dei lavoratori, dell’accettazione dei diktat della Troika, dei tagli alla spesa sociale, alla sanità e alla scuola pubblica. Rigettiamo da subito gli appelli al voto utile e all’unità con queste forze, per fermare l’avanzata della destra. Un disperato tentativo che suona come una provocazione. Se la destra avanza è perché le forze di sinistra sono colpevoli agli occhi delle classi popolari per le politiche di questi anni.
Non pensiamo infine che l’orizzonte dei comunisti possa essere imprigionato in progetti e parole d’ordine eclettiche e arretrate. Per l’emancipazione dei lavoratori non basta come prospettiva l’applicazione della Costituzione. Non serve spacciare come rivoluzionari programmi che si risolvono in un misto di ricette riformiste e movimentiste, che hanno già condotto al fallimento.
Crediamo che la questione comunista, che è la questione dell’emancipazione dei lavoratori dalla propria condizione di subalternità e della presa del potere politico, possa avanzare solo senza compromessi, senza nascondersi, senza ammainare la propria bandiera. Se i rapporti di forza sono sfavorevoli non è solo per il contesto storico, ma perché troppo spesso anche le avanguardie hanno deciso di arretrare. Noi non lo faremo.
Presentare il simbolo comunista alle elezioni serve a rafforzarne l’organizzazione, ad utilizzare ogni spazio minimo residuo concesso per parlare con le masse sfruttate e oppresse. Lo facciamo per dare slancio alle lotte, per scardinare un sistema di rappresentanza finto che difende apertamente gli interessi del capitale. Guardiamo a milioni di lavoratori, di giovani, di pensionati, di donne che oggi vivono sulla propria pelle le contraddizioni del capitalismo.
Non ci interessa difendere un sistema, quello della rappresentanza borghese, che è morto e sepolto dalla crescente astensione. Non saremo la ruota di scorta sinistra del parlamento. Vogliamo scardinare quel sistema. Non chiederemo solo un voto, una semplice delega, ma di unirsi alla nostra lotta, di divenire in prima persona protagonisti del cambiamento.
Sarà necessario farlo da subito. Presentare le liste in tutta Italia è una sfida. I meccanismi della legge elettorale approvata dal Parlamento sono congeniali all’esclusione di una forza alternativa ai partiti presenti nelle istituzioni; comportano la raccolta di un numero ingente di firme – oltre 50.000 in tutta Italia – per la valida presentazione dei moduli. Facciamo appello a tutti i comunisti per sostenere quest’azione, per dare un aiuto concreto con il proprio protagonismo attivo. Non è tempo di stare alla finestra, ma di sostenere con forza e convinzione la ricostruzione comunista in Italia.
Il nostro programma non sarà un programma elettorale ma un programma di lotta. Non un insieme di promesse irrealizzabili, ma un elenco di parole d’ordine su cui costruire quotidianamente una mobilitazione popolare. Dai centri di lavoro, alle lotte per la casa, dall’opposizione alle politiche imperialistiche alla difesa dell’istruzione e della sanità pubblica, alla necessità dell’uscita dall’Unione Europea e della Nato, affermata con chiarezza e senza formule vaghe. Lavoriamo per unire le lotte, per abbandonare ogni illusione riformista e inconcludente, per dire apertamente che solo il socialismo è la soluzione per il futuro dei lavoratori e delle classi popolari.
Facciamo della lista del PC la lista aperta, di tutti i comunisti, delle avanguardie delle lotte, dei lavoratori e delle lavoratrici che pensano che la questione comunista in Italia non sia chiusa, che la lotta per l’abbattimento del capitalismo e la costruzione del socialismo è la lotta del nostro tempo.

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Messaggio per il congresso del PC Venezuela

Messaggio per il congresso del PC Venezuela

Cari compagni,

a nome del nostro Comitato Centrale e mio personale, voglio inviare un fraterno saluto e la massima solidarietà internazionalista al Vostro congresso. Il momento che sta vivendo oggi il Venezuela è, se ce ne fosse ancora bisogno, la prova dell’ingerenza dell’imperialismo degli Stati Uniti nel mondo e nel continente latino-americano in particolare. Il modello seguito è quello classico del fomentare malessere economico e sociale per poi costruire sopra artefatte proteste pseudopopolari, aventi come unico scopo quello di avviare un golpe restaurativo contro la Rivoluzione Bolivariana sullo stile di quello praticato contro il Cile di Allende. Tutto l’armamentario menzognero del mainstream internazionale viene messo in campo per “trasformare le vittime in carnefici e viceversa”. Proprio per questo motivo ha una ragione garantirvi il massimo livello di internazionalismo militante che si è’ già manifestato in numerose manifestazioni fatte in Italia. Non essendo, noi comunisti in Italia, riusciti a fare una rivoluzione nel nostro Paese, non possiamo percetterci in alcun modo di criticare la Rivoluzione Chavista, ma è del tutto evidente che l’avere cambiato solo in parte i rapporti di forza nella societa’ venezuelana nei confronti della grande borghesia si dimostra ogni giorno di più un problema. L’ingerenza specializzata dell’imperialismo ed i mezzi (mediatici e di potere) ancora in mano ai capitalisti venezuelani stanno cercando di colpire le conquiste sociali e politiche della Rivoluzione Bolivariana, a cui va tutta la nostra solidarietà politica e militante. Ai compagni e fratelli del Partito Comunista del Venezuela il nostro saluto per la coerenza politica intesa nel punto più alto della teoria e dell’azione rivoluzionaria: quella del marxismo-leninismo.

Avanti compagni,

Viva la Rivoluzione Bolivariana!

Viva il Partito Comunista del Venezuela!

Viva l’internazionalismo proletario!

Roma 22 giugno 2017

Marco Rizzo (Segretario Generale Partito Comunista)

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Estimados camaradas,

en nombre de nuestro Comité Central y en el mío propio, quiero enviar un saludo fraterno y la máxima solidaridad internacionalista a vuestro Congreso. El momento que está viviendo hoy Venezuela, por si hubiera dudas, es la prueba de la interferencia del imperialismo de Estados Unidos en el mundo y en el continente latinoamericano en particular. El modelo que se sigue es el clásico de fomentar el malestar económico y social y luego construir protestas pseudo-populares fabricadas, con el único propósito de iniciar un golpe restaurador contra la Revolución Bolivariana, al estilo del que se practicó contra el Chile de Allende. Toda la parafernalia mentirosa del mainstream internacional se pone en marcha para “convertir a las víctimas en victimarios y viceversa”. Precisamente por este motivo tiene una razón garantizaros el más alto nivel de internacionalismo militante que ha aparecido ya en numerosos eventos realizados en Italia. Al no haber logrado, nosotros, los comunistas en Italia, hacer una revolución en nuestro país, no podemos de ninguna manera criticar la revolución chavista, pero es bastante claro que habiendo cambiado sólo en parte la relación de fuerzas en la sociedad venezolana en contra de la gran burguesía se demuestra cada día más como un problema. La injerencia especializada del imperialismo y los medios (de comunicación y de poder) todavía en manos de los capitalistas venezolanos está tratando de golpear a los logros sociales y políticos de la Revolución Bolivariana, a quien trasladamos toda nuestra solidaridad política y militante. Para los camaradas y hermanos del Partido Comunista de Venezuela nuestro saludo a la coherencia política entendida en el punto más alto de la teoría y la acción revolucionaria: la del marxismo-leninismo.

Adelante camaradas. ¡

Viva la Revolución Bolivariana!

¡Viva el Partido Comunista de Venezuela!

¡Viva el internacionalismo proletario!

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PC PARMA: «RINGRAZIAMO NOSTRI ELETTORI. ORA RAFFORZIAMO IL PARTITO»

PC PARMA: «RINGRAZIAMO NOSTRI ELETTORI. ORA RAFFORZIAMO IL PARTITO»

Il Partito Comunista rivolge un grazie di lotta e di speranza al migliaio di compagni, simpatizzanti e amici che hanno sostenuto con entusiasmo la nostra lista elettorale con candidata a sindaco la compagna Laura Bergamini. Ci impegniamo pubblicamente a trasformare questo risultato positivo per noi in azioni di rafforzamento del Partito e di lotta sociale. Un sentito ringraziamento lo rivolgiamo ai nostri candidati indipendenti ed a tutti i compagni militanti che con abnegazione e spirito di sacrificio hanno sostenuto e promosso una dura e proficua campagna elettorale. In piena coerenza col nostro progetto e programma dichiariamo che nessuna poltrona elettorale vale e varrà alleanze con formazioni che esprimono in un modo o nell’altro le incarnazioni di politiche antipopolari. La nostra campagna elettorale finisce ed immediatamente riparte da qui.

Partito Comunista- Federazione di Parma

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Iniziative del Partito Comunista per il G7

Iniziative del Partito Comunista per il G7

Il 27 maggio, in occasione del G7 che si terrà a Taormina il Partito Comunista promuove una mobilitazione di classe e antimperialista. Di seguito le principali iniziative:
– ore 11:00 Convegno Internazionale “G7: Nè terra, nè mare, nè aria per gli imperialisti” con Eduardo Corrales (segreteria politica del PCPE), Sotiris Zarianopoulos (eurodeputato del KKE) e Marco Rizzo (segretario generale Partito Comunista) presso la Sala meeting dell’Assinos Palace Hotel Via Consolare Valeria 33 Giardini Naxos (ME)
– ore15 Corteo spezzone PC e FGC terminal bus di via Dionisio Recanati-Giardini Naxos (ME)

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