RIZZO(PC): «SE I FASCISTI AVANZANO E’ COLPA DELLA SINISTRA DI GOVERNO»

RIZZO(PC): «SE I FASCISTI AVANZANO E’ COLPA DELLA SINISTRA DI GOVERNO»

«Dopo i fatti di Como e la sceneggiata di FN sotto Repubblica tutta la cosiddetta sinistra scopre il neofascismo. Non lo si combatte con loro. I Renzi, i Prodi, i D’Alema sono responsabili diretti dell’attacco ai diritti dei lavoratori, dell’accettazione dei diktat della Troika, i tagli alla spesa sociale, alla sanità e alla scuola pubblica. Sono per queste misure che l’estrema destra avanza tra i proletari e le classi popolari». Così Marco Rizzo, segretario del Partito Comunista, commentando a caldo le ultime notizie di cronaca «E’ successo in Italia ed e’ successo in Europa con Blair, Hollande, Tsipras. Aver distrutto prima ideologicamente e culturalmente il movimento operaio per proporre poi il modello “Marchionne”, mentre i giovani non trovano un lavoro dignitoso, i cinquantenni sono licenziati e chi lavora é obbligato a farlo fino allo sfinimento é stata una scelta che consegna una larga parte del popolo prima alla rabbia e poi al fascismo. Ma, ricordiamolo, il nazismo ed il fascismo sono sempre stati servi dei padroni ieri, come delle banche e del capitalismo globalizzato oggi. Non ci interessa l’antifascismo da salotto della sinistra e dei radical chic. Non vanno ripetuti gli errori degli anni ’70 dove, con la teoria degli “opposti estremismi”, il potere si rafforzava. Essere antifascisti oggi significa esser anticapitalisti. Non è certo una legge che può batter il nuovo fascismo. La lotta che eviterà ai giovani proletari di sprofondare nell’ignoranza e nella xenofobia – conclude Rizzo – è solo quella di classe, e solo attraverso l’organizzazione. Questo è il ruolo dei comunisti oggi.

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Manifestazione a Soragna (PR). L’anticomunismo non passerà.

Manifestazione a Soragna (PR). L’anticomunismo non passerà.

Si è svolta oggi a Soragna (PR) la manifestazione promossa dal Partito Comunista per chiedere il ritiro dell’ordine del giorno per “la messa al bando dell’ideologia comunista” approvato dal consiglio comunale. Alcune centinaia di persone con bandiere rosse si sono radunate in piazza. Presente anche una folta rappresentanza giovanile del FGC e il segretario generale del PC Marco Rizzo, dietro lo striscione con lo slogan della manifestazione. Durante la manifestazione Rizzo ha dichiarato: «L’anticomunismo non passerà a Soragna come nel resto d’Italia. Chi vuole equiparare il comunismo con il nazifascismo compie un’operazione antistorica, che ha l’obiettivo di screditare l’unica alternativa al capitalismo che sia stata in grado di vincere. Contrapporre alla dittatura delle banche e dei padroni, un modello fondato sul potere ai lavoratori, un modello socialista è più attuale che mai. Di fronte alla crisi e all’aumento della disparità sociale, alle guerre, ad un sistema che non è sostenibile, che genera disoccupazione, assenza di diritti, immigrazione, il socialismo è l’unica soluzione. I fascisti ancora oggi soffiano sulla guerra tra poveri per dividere gli sfruttati e salvare questo sistema di sfruttamento. L’operazione del ddl Fiano, con un PD sempre più reazionario che gioca alla lotta al fascismo per riconquistare consensi a sinistra, porta purtroppo a queste forme di equiparazione che vedono corresponsabile l’intero sistema politico, compresi i cinque stelle, con il sostegno esplicito della UE, da sempre favorevole a forme di equiparazione, e corresponsabile della messa al bando di partiti comunisti nei paesi membri. Non cadremo nel gioco degli opposti estremismi, non accetteremo un’equiparazione antistorica, ma soprattutto – conclude la nota – a cento anni dalla Rivoluzione sovietica, continueremo a lottare per quegli obiettivi, che sono la giustizia sociale, la pace, il progresso dei popoli in un sistema che rifiuti lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo».

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L’unità dei comunisti è una strategia che perseguiremo con coerenza e determinazione.

L’unità dei comunisti è una strategia che perseguiremo con coerenza e determinazione.

Il Partito Comunista registra con soddisfazione l’interesse sviluppato nel dibattito sulla questione dell’unità comunista. Valutiamo positivamente gli incontri, le discussioni che a vario livello si sono avute in queste settimane. Il PC ribadisce la propria linea affermata nel documento congressuale e nella posizione espressa dall’Ufficio Politico lo scorso 22 febbraio. E’ nostra intenzione che i passi avanti fatti in queste settimane non si arrestino alle semplici dichiarazioni, ma si concretizzino in una giusta direzione.
Il presupposto politico per predisporre immediatamente un tavolo di discussione che faccia avanzare concretamente l’unità comunista, è la dichiarazione inequivocabile degli interlocutori interessati a questo processo, che escluda da qui in avanti e a ogni livello, locale e nazionale, la ricerca di alleanze unitarie con forze di sinistra e centrosinistra. Non si tratta di una semplice questione elettorale, ma di un preciso punto strategico.
I fatti delle ultime settimane anche in Sicilia hanno dimostrato ancora una volta, perfino ai più restii a comprenderlo, che la ricerca di unità a sinistra finisce per essere presupposto di cedimenti opportunistici e accordi con forze di centrosinistra.
Ogni apertura verso forze borghesi, anche di sinistra, si sa dove inizia, non si da dove finisce: accettare questo piano significa solamente porre i comunisti alla coda degli interessi di settori della borghesia. Al contrario noi concepiamo la proposta dell’unità comunista come punto per rafforzare l’indipendenza dei comunisti dai partiti borghesi, e di conseguenza incrementare la loro forza nelle lotte per il rovesciamento del sistema capitalistico. Si tratta di un criterio universalmente valido, che non può essere applicato in modo variabile nelle diverse regioni o a livello nazionale. Nè è possibile guardare all’unità comunista solo come ripiego quando le altre strade non sono più praticabili per scelta altrui.
Ribadiamo che questo punto è per noi dirimente. Da qui si parte. L’unità dei comunisti è una strategia che perseguiremo con coerenza e determinazione.

Ufficio Politico, Partito Comunista

 

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RIZZO: «IL PC AUTONOMO DA LISTE ELETTORALI DI SINISTRA»

RIZZO: «IL PC AUTONOMO DA LISTE ELETTORALI DI SINISTRA»

«Quest’oggi la riconosciuta attenzione di Paolo Mieli sulla prima pagina del Corriere della Sera in merito alle sorti della cosiddetta sinistra, vede il sottoscritto, in qualità di segretario del Partito Comunista, inserito nell’elenco dei capofila che potrebbero costituire una sorta di aggregato politico/elettorale nell’odierno contesto. Nulla di più sbagliato. Il Partito Comunista che ho l’onore di dirigere ha elaborato una linea politica che considera esauriti i cosiddetti “margini del riformismo”. Mai come oggi serve un cambio radicale del sistema. Il progresso tecnologico ci consente due vie: la concentrazione di ricchezza nelle mani di pochissime persone oppure, diametralmente, la redistribuzione di ricchezza e lavoro per tutti. Noi chiamano questa prospettiva col termine esatto di socialismo/comunismo. Nulla di più lontano quindi dai vari Pisapia, D’Alema, Fratoianni e Falcone che alla fine non prefigurano un diverso modello sociale ma solo un aggiustamento del capitalismo globalizzato, peraltro sulla stessa modalità del M5S. Se mi chiedessero se sono di sinistra risponderei: No, un’altra cosa. Sono Comunista». Nota del Segretario del Partito Comunista, Marco Rizzo.

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MESSAGGIO DEL PARTITO COMUNISTA PER IL 5° ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL FGC

MESSAGGIO DEL PARTITO COMUNISTA PER IL 5° ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL FGC

Il Partito Comunista saluta il quinto anniversario della fondazione del Fronte della Gioventù Comunista, con un invito a tutti i militanti a proseguire la lotta con la convinzione e la forza dimostrata in questi anni.

Cinque anni sono pochi di fronte alla storia, ma raramente nel nostro paese, in così poco tempo ed in una condizione tanto sfavorevole e avversa, come quella che viviamo, un’organizzazione comunista è riuscita ad ottenere risultati così positivi come il FGC. Il compito che ha davanti oggi la gioventù comunista non è certo un compito semplice.
Siete chiamati a lottare nel momento storico in cui i rapporti di forza sono più sfavorevoli per la classe operaia e per le masse popolari.

Avete il compito di ricostruire a partire dalle nuove generazioni la coscienza di classe, la consapevolezza della necessità storica di un cambiamento rivoluzionario, di fronte ad un proletariato disgregato, ad una passività imperante tra le masse popolari, ad una forza dell’ideologia borghese che riesce a controllare quasi ogni aspetto del consenso e anche del modo di esprimere il dissenso nelle classi subalterne.

Non è facile oggi dirsi comunisti, anche se in questa fase nulla  è più attuale del comunismo. L’Italia e il mondo che consegniamo alla vostra generazione è di gran lunga peggiore di molte delle aspettative che hanno animato le lotte nel secolo scorso. Nessuno di voi è comunista per moda, come lo sono stati in tanti, che oggi siedono indistintamente nei consigli di amministrazione di grandi società o banche, o ricoprono anche le massime cariche del governo e dell’apparato dello Stato. Ciascuno di voi è comunista per profonda convinzione, non per convenienza. Sa che dalla proprio militanza non verranno prebende o benefici, e che anzi aumenteranno le difficoltà sul posto di lavoro e in ogni aspetto di vita di questa società. L’unico guadagno personale che viene dalla vostra militanza è la convinzione di lottare dalla parte giusta della storia. Questo vi rende veri comunisti.

Essere comunisti – scriveva Che Guevara – non è solo essere pronti al sacrificio nel momento cruciale della lotta, ma contribuire giorno per giorno a costruirne le premesse.Quasi nulla di quanto costruito dei comunisti negli anni è rimasto: mancano le strutture, le risorse, solo il lavoro e la militanza sopperiscono a queste carenze. Lo spirito di sacrificio si somma nella gioventù all’entusiasmo con cui voi, giovani del FGC, affrontate ogni necessità, ogni intralcio per superarlo e conquistare nuovi traguardi.

Già migliaia di giovani in Italia grazie alla vostra azione sono stati strappati alla passività a cui sarebbero indotti dalla società capitalistica; si informano, manifestano interesse per le vostre idee e per la vostra azione, in molti lottano spalla a spalla con voi. Non sono risultati scontati. Se la parte più attiva delle nuove generazioni guarderà al socialismo come alternativa possibile e praticabile a questo modello di sistema sarà grazie all’azione della gioventù comunista.

Le nuove generazioni percepiscono oggi l’ingiustizia di questo modello di sistema. Vivono una vita più precaria, hanno salari minori, il 40% di loro non ha lavoro, mentre i grandi capitalisti si arricchiscono. La sola percezione dell’ingiustizia di questo sistema non è nulla senza una coscienza rivoluzionaria; la storia ha dimostrato anzi che senza un’organizzazione in grado di intercettare, dirigere ed organizzare questo sentimento spesso le classi popolari finiscono preda di fenomeni reazionari e fascisti. A voi il compito di far nascere questa scintilla, di dirigere e costruire l’organizzazione rivoluzionaria di oggi e di domani.

A voi il compito di costruire una coscienza antimperialista, di rafforzare e sostenere la lotta per la pace, contro l’imperialismo, di fronte alle sempre maggiori minacce che vengono dalla competizione tra potenze, per la conquista e la spartizione dei mercati.

Se il nostro Partito – nonostante tutti i limiti che ancora abbiamo – oggi è qui è grazie al contributo della gioventù. Se davanti a noi vediamo un futuro di lotte e di crescita organizzativa e politica, è grazie alla forza della gioventù comunista. Insieme a voi la ricostruzione comunista è più forte.

Viva il Fronte della Gioventù Comunista. Auguri a tutti i compagni per il 5° anniversario della sua fondazione, con la convinzione che tanti altre ricorrenze, tante altre vittorie aspettano la vostra organizzazione.

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MUSTILLO (PC): «GRAMSCI SI RIVOLTA NELLA TOMBA A SENTIRE OMAGGI DEL PD».

MUSTILLO (PC): «GRAMSCI SI RIVOLTA NELLA TOMBA A SENTIRE OMAGGI DEL PD».

«Antonio Gramsci si rivolta nella tomba a sentire gli omaggi ipocriti che vengono tributati da esponenti del PD e dalle forze della cosiddetta sinistra che sono responsabili dell’attacco ai diritti dei lavoratori, della presenza dell’Italia nella Nato, delle politiche antipopolari volute dalla UE» Così Alessandro Mustillo, della segreteria nazionale del Partito Comunista, rendendo omaggio alle ceneri di Gramsci nell’ottantesimo anniversario della sua morte. «Gramsci non era uomo per tutte le stagioni, era un comunista, voleva la rivoluzione socialista. Chi oggi tenta di addomesticarlo per propri usi e consumi, trasformarlo in un semplice democratico non fa onore a Gramsci, e non fa onore alla sua onestà intellettuale. Gente che è al governo farebbe bene a tacere e a non tirare Gramsci per la giacchetta. Per fortuna – conclude la nota – centinaia di giovani stanno rendendo omaggio a Gramsci in queste ore, e a lui guardano nella lotta di ogni giorno contro gli ipocriti e i falsificatori del PD».

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Fuori dall’Unione europea e dall’euro. Potere ai lavoratori.

Fuori dall’Unione europea e dall’euro. Potere ai lavoratori.

Il Partito Comunista ringrazia i numerosi militanti, sostenitori e simpatizzanti che sabato 25 marzo hanno partecipato al comizio comunista in una piazza gremita. Mentre i leader europei festeggiavano l’anniversario della firma dei trattati di Roma, i comunisti erano in piazza a ribadire il loro no all’Unione Europea, strumento di dominio del grande capitale, artefice della compressione dei diritti dei lavoratori e delle classi popolari. Il Partito Comunista ha ribadito oggi, a sessant’anni di distanza dalla firma dei trattati europei, il proprio no alla UE e al mercato comune. Una contrarietà che parte dal 1957, quanto i comunisti furono gli unici a votare contro l’adesione dell’Italia al mercato comune, e che continua nel 1992 quando si opposero al trattato di Maastricht, fino ai giorni nostri con il patto di stabilità, il fiscal compact, il vincolo del pareggio di bilancio.

Oggi i leader dell’Unione Europea hanno confermato la loro volontà di proseguire sulla strada del mercato comune. Si prospettano nuove illusioni per i popoli europei, come la cosiddetta Europa a più velocità. Questa soluzione altro non è che uno strumento più affilato nelle mani del grande capitale, per la compressione delle condizioni dei lavoratori e dei piccoli produttori, per rispondere alla competizione internazionale sui mercati. Di fronte a questa condizione i comunisti hanno il dovere di organizzarsi e di accrescere la propria azione.

La manifestazione del 25 marzo dimostra che esiste un’opposizione comunista alla UE, che questo tema non è monopolio della destra e delle sue prospettive reazionarie. L’uscita dalla UE, dall’euro e dalla Nato, per essere realmente processo di liberazione dall’oppressione popolare, deve essere accompagnata da un rovesciamento dei rapporti sociali, dall’abolizione dello sfruttamento di classe, per la costruzione di una società socialista, per sostituire al potere delle banche e delle grandi imprese, il potere dei lavoratori.

La partecipazione di importanti e significative lotte del nostro Paese, che hanno preso la parola al comizio, indica la strada da percorrere. Dietro le ragioni di lotta dei lavoratori presenti ci sono le responsabilità delle politiche europee, i risultati del mercato comune. Gli interventi dei lavoratori di Alitalia, Almaviva, di operai e rappresentanti delle esperienze più avanzate del sindacalismo conflittuale (SGB, CUB), parlano di un’opposizione diffusa tra la classe operaia nei confronti delle politiche europee.

L’anniversario dei trattati europei ha dimostrato ulteriormente quale solco esista ormai tra i comunisti e le forze della cosiddetta sinistra radicale. La partecipazione a manifestazioni europeiste, che pur criticando le politiche della UE sostengono la necessità di una battaglia interna per il suo cambiamento, propugnano la sua riformabilità, segnano la definitiva scelta di campo di queste forze. L’adesione del GUE/NGL alla manifestazione filo europeista è l’ultima conferma della mutazione delle forze della sinistra europea, che illudendo i popoli sulla riformabilità della UE, rafforzano di fatto il potere dei monopoli capitalistici e delle loro organizzazioni internazionali. Contrariamente a quanto affermato nei loro slogan, queste forze, alla prova del governo in Grecia, non hanno fatto altro che applicare le politiche antipopolari volute dal UE, BCE, FMI. Non esistono terze vie: o si agisce nel solco delle compatibilità capitalistiche, dei regolamenti imposti dalle organizzazioni internazionali, o si rompe questa gabbia agendo nell’interesse dei lavoratori e delle classi popolari.

Fuori dalla UE, dall’euro e dalla Nato è la parola d’ordine che i comunisti pronunciano, senza chiudersi in nessuna visione nazionalistica, senza prospettare un semplice ritorno al passato. Insieme a noi lottano in questa direzione i comunisti di tutta Europa, per la liberazione comune della classi lavoratrici dei nostri Paesi dallo sfruttamento capitalistico, dal potere dei grandi monopoli. Vogliamo ringraziare i nostri partiti fratelli per l’importante partecipazione attraverso i messaggi inviati, e soprattutto il Partito Comunista di Grecia, il Partito Comunista dei Popoli di Spagna, il Partito Comunista Rivoluzionario Francese, e il Partito del Lavoro dell’Austria per la loro presenza a Roma. Ringraziamo anche la presenza di una delegazione dei compagni del Partito Comunista Marxista dell’India.

Il Partito Comunista esprime soddisfazione per l’esito della manifestazione. Nonostante la forte censura mediatica, nonostante i timori diffusi delle autorità e dall’informazione sull’esito delle manifestazioni di protesta, nonostante le misure di sicurezza che hanno rallentato e in alcuni casi impedito l’arrivo di manifestanti, la manifestazione si è svolta con successo. Denunciamo la criminalizzazione delle proteste, il terrorismo mediatico diffuso a reti unificate, le nuove misure di sicurezza che determinano una oggettiva svolta reazionaria nella gestione dell’ordine pubblico da parte del governo. Ogni misura di questo genere non sarà in grado di fermare la lotta popolare contro l’Unione Europea e i governi che applicano le politiche antipopolari nell’interesse dei capitalisti.

Salutiamo con fierezza la grande partecipazione della gioventù, grazie al grande lavoro del Fronte della Gioventù Comunista costruito in questi anni. A dire no all’Unione Europea con i comunisti sono stati in larga parte giovani. Quelle nuove generazioni che subiscono sulla propria pelle gli effetti delle politiche antipopolari, della disoccupazione, della precarietà sul lavoro, che nonostante le campagne anticomuniste dimostrano di aver compreso che il socialismo è l’unico strumento di liberazione possibile e reale.  La piazza di Roma non è stata una piazza di nostalgici, ma di giovani e lavoratori.

In questa direzione, è importante rafforzare l’impegno e la lotta del partito, la solidarietà e l’azione comune dei comunisti a livello internazionale. Costruire un’opposizione comunista alla UE e alle sue politiche, rafforzarne la percezione a livello di massa, è un elemento fondamentale per rompere il potere del capitale ed evitare che il dissenso sociale sia incanalato in prospettive perdenti o nuove avventure reazionarie che abbiamo il dovere di contrastare.

Fuori l’Italia dalla UE, dall’euro e dalla Nato

Per il potere dei lavoratori, per il socialismo!

 Roma, 26 marzo 2017

Ufficio Politico del Partito Comunista

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25 MARZO COMIZIO COMUNISTA A ROMA CONTRO L’UNIONE EUROPEA

25 MARZO COMIZIO COMUNISTA A ROMA CONTRO L’UNIONE EUROPEA

Il 25 marzo il Partito Comunista sarà in piazza a Roma per manifestare contro l’Unione Europea in occasione dei 60 anni dei trattati istitutivi della CEE, della Ceca e dell’Euratom, le tre antenate dell’Unione Europea. In quell’occasione i primi ministri e i capi di stato europei saranno a Roma per celebrare l’anniversario e ribadire il loro accordo alle politiche antipopolari della UE. I lavoratori e i popoli europei subiranno in quei giorni il culmine di una campagna di disinformazione e propaganda a favore della UE che va avanti da mesi, con spot televisivi, concorsi pubblici, iniziative nelle scuole e nelle università, con lo scopo di conquistare consenso popolare alle politiche europee e convincere le classi popolari che non esiste alcuna alternativa alla UE e a questo sistema. Il Partito Comunista scenderà in piazza il 25 marzo alla fine di una campagna di informazione sulla natura reale della UE che i militanti stanno conducendo in tutta Italia nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle università. In questi sessant’ani l’Unione Europea ha:

–       rafforzato il potere dei monopoli finanziari (banche, grandi imprese) riducendo ovunque i margini della sovranità popolare, stracciando anche le temporanee e parziali conquiste che le classi oppresse avevano ottenuto con le costituzioni successive alla mobilitazione popolare contro il fascismo;

–       creato un mercato unico a immagine e somiglianza del grande capitale, grazie al pilastro comunitario della libera circolazione dei capitali, delle merci e dei servizi con i quali le grandi aziende hanno ottenuto la possibilità di scegliere la sede legale negli stati più favorevoli fiscalmente, diminuendo le tasse pagate e incrementando i profitti, de localizzando la produzione nei paesi più convenienti. Tutto questo ha favorito i processi di concentrazione e centralizzazione del capitale, il trasferimento di ricchezze dalle classi popolari ad un’aristocrazia finanziaria che con poche decine di società controlla ricchezze sempre maggiori;

–       con la creazione dell’euro ha creato un sistema monetario saldamente nelle mani delle banche private per il tramite della BCE che ha acuito le contraddizioni capitalistiche e la crisi a tutto danno della classe operaia e delle classi popolari. Attraverso la leva del debito pubblico gli istituti finanziari hanno guadagnato sulle spalle dei popoli europei e le politiche dei governi sono state commissariate nella direzione di svendite del patrimonio comune, privatizzazioni, riduzione delle politiche sociali;

–       peggiorato le condizioni di lavoro in tutti i Paesi aderenti, mettendo in concorrenza i lavoratori al fine di diminuirne salari e di cancellare le conquiste frutto delle lotte del movimento operaio nel secolo scorso. La UE ha sostenuto la precarizzazione del lavoro, con l’introduzione di nuove forme contrattuali a danno dei lavoratori; sostenendo la libertà di delocalizzare ha imposto un mercato unico della forza lavoro in cui la minaccia dello spostamento delle sedi produttive all’estero è utilizzata per importare il peggioramento delle condizioni di lavoro e dei salari. Ha incrementato la disoccupazione, e in modo particolare la disoccupazione giovanile, con la conseguenza di centinaia di migliaia di giovani che emigrano per cercare lavoro, convertendosi in manodopera a basso costo, doppiamente sfruttata;

–       assoggettato ogni settore economico alle logiche capitalistiche e agli interessi dei monopoli, come dimostra la direttiva Bolkenstein il cui impatto comporta il peggioramento delle condizioni di settori popolari (mercati, piccoli commercianti ecc…);

–       imposto la privatizzazione e conseguente trasformazione dei servizi sociali in privilegi su base economica e strumenti di creazione di profitto privato, imponendo una concorrenza del tutto favorevole ai grandi gruppi economici. Così ha sostenuto e indirizzato le politiche di privatizzazione della sanità e la dismissione del sistema sanitario nazionale, determinato le riforme delle scuole e delle università;

–       attraverso la creazione di un mercato unico e di accordi sempre più vasti a livello globale, la UE è responsabile del peggioramento della condizione dell’agricoltura, della concentrazione della proprietà terriera e agricola, dell’impoverimento di migliaia di contadini e del peggioramento della qualità dei beni prodotti (si pensi alla direttiva sugli oli deodorati, o alle conseguenze del CETA e dell’eventuale stipula del TTIP per la produzione di cereali e altri beni agricoli);

–       mentre si dice che la UE ha promosso la pace si dimentica che essa ha sostenuto ogni intervento imperialista condotto dai propri paesi membri e nella cornice delle alleanze militari come la Nato. Sostenendo l’azione dei propri monopoli la UE ha contribuito allo sfruttamento delle risorse in Africa e Medio Oriente, all’impoverimento delle classi popolari di quei paesi, non disdegnando ove necessario il sostegno all’intervento militare di propri paesi al fine di ottenere maggiori fette di mercato e controllo di risorse economiche e rotte commerciali strategiche. Ciò, oltre a contraddire ogni ipotetica funzione della UE come fattore di pace e stabilizzazione, comporta il dramma di milioni di persone costrette ad emigrare per salvarsi dalla guerra e dalla miserie o migliorare la propria condizione di vita, finendo per convertirsi a loro volta in manodopera a basso costo da poter sfruttare.

Per tutte queste ragioni nel 1957 il Partito Comunista fu l’unico partito italiano a votare in Parlamento contro l’ingresso dell’Italia nel Mercato Comune Europeo. Oggi che la destra fa dell’antieuropeismo la sua bandiera, noi comunisti abbiamo il dovere di rimarcare la nostra posizione contro un’unione europea espressione diretta degli interessi della finanza e promotrice delle politiche antipopolari che opprimono i lavoratori e le classi popolari del continente.

I comunisti non si uniscono a quella parte della sinistra che si nutre di illusioni sulla riformabilità della UE, e peggio ancora, illude le classi popolari sulla natura del processo unitario europeo contribuendo a mascherarne la reale essenza, ossia il carattere di strumento degli interessi del grande capitale. La vicenda greca ha dato ragione a chi coerentemente non ha riposto alcuna fiducia nell’idea di poter cambiare il sistema europeo dall’interno, come la capitolazione del governo Tsipras e delle illusioni della sinistra europea ha ampliamente dimostrato.

Allo stesso tempo, come comunisti, abbiamo il dovere di indicare una via d’uscita in senso progressista e favorevole agli interessi dei lavoratori e delle classi popolari, dal sistema della UE. Solo in questo modo sarà possibile arginare l’avanzata della destra nei settori popolari, combattere la visione reazionaria che utilizza l’antieuropeismo come mero pretesto per riaffermare un sistema di sfruttamento su base nazionale, fondato sul potere dello stesso capitale nazionale che è responsabile e primo fautore dell’adesione dell’Italia al mercato comune. I comunisti combattono la visione di chi critica la UE, ma poi non ne chiede l’uscita unilaterale, di chi si scaglia contro l’immigrazione ma poi è pronto a sostenere le politiche imperialiste e la permanenza dell’Italia nella Nato, utilizzando l’immigrazione come pretesto per scatenare una guerra tra poveri il cui ultimo risultato è distrarre le classi popolari dal comune nemico, mettere i lavoratori gli uni contro gli altri sulla base della nazionalità e della provenienza etnica, salvando quel sistema di sfruttamento capitalistico e il potere dei monopoli.

Il Partito Comunista, insieme ai partiti membri dell’Iniziativa Comunista Europea si batte per l’uscita dell’Italia dalla Ue e dalla Nato, per la creazione di un governo dei lavoratori in un’Italia libera e socialista. L’Unione Europea non è riformabile, la lotta dei lavoratori e delle classi popolari dei paesi europei non può che indirizzarsi per la sua rottura, attraverso l’uscita unilaterale di ciascun paese fino alla dissoluzione delle alleanze imperialiste. Né illusioni di sinistra, né ricette reazionarie di destra. Per uscire dalla crisi, per conquistare il proprio avvenire, i lavoratori e la gioventù lottano contro la UE, per il potere popolare, per il socialismo.

Il 25 marzo tutti in piazza a Roma, per il comizio del Partito Comunista ore 16.00 Piazzale Tiburtino, quartiere San Lorenzo (raggiungibile con la metro B fermate Tiburtina o  Castro Pretorio; con il treno con fermata a Roma Termini o Roma Tiburtina)

banner comizio 25 marzo

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UNITA’ COMUNISTA. I PUNTI DELLA DISCUSSIONE.

UNITA’ COMUNISTA. I PUNTI DELLA DISCUSSIONE.

«Unità con chi e per cosa?» Questa domanda che si poneva Pietro Secchia, dirigente di primo piano del movimento comunista italiano, è ancora oggi la domanda fondamentale da porsi quando si discute di unità comunista. Il tema è molto sentito e a ragione, ma spesso semplificato e banalizzato. Per discutere seriamente bisogna partire da una premessa di fondo.

Oggi nel movimento comunista internazionale, e certamente nel nostro Paese, esistono serie differenze di vedute strategiche tra le forze comuniste presenti, di cui l’attuale frammentazione è un riflesso diretto. Ogni ragionamento sull’unità dei comunisti deve partire dal riconoscimento di questa realtà, comprendendo che lo stato attuale non è semplicemente il prodotto di personalismi e incomprensioni o volontà di difendere piccoli “orticelli” ma il risultato delle scelte e delle contraddizioni accumulate in anni nonché delle divergenze strategiche presenti.

Non basterebbe semplicemente rimettere tutti insieme, esperienza già provata con Rifondazione Comunista nel 1992 (le differenze, diceva Bertinotti sono una ricchezza, ma alla fine hanno, nell’accezione migliore, solo determinato confusione) o peggio ancora legare la questione dell’unità comunista a scadenze elettorali, come fatto dalla Federazione della Sinistra nel 2009.

Per l’unità comunista è presupposto un dibattito serrato su questioni di carattere strategico e un’unità nel conflitto di classe. Il II congresso del Partito Comunista ha licenziato le tesi politiche che sono consultabili all’indirizzo: http://ilpartitocomunista.it/wp-content/uploads/DOCUMENTO-II-CONGRESSO-PC-2017.pdf in cui esprimiamo la nostra analisi e la strategia del Partito, ed in particolare cosa significhi la costruzione di un partito rivoluzionario in una fase non rivoluzionaria e in che modo intendere correttamente questa ultima espressione.

All’Unità comunista è dedicata la chiusura del nostro documento con parole chiare che delineano la nostra posizione. «La questione comunista – si legge nel documento – è la questione dell’unità dei comunisti realmente marxisti-leninisti, che rompe con le forme di opportunismo e rifiuta qualsiasi riduzione a generiche connotazioni elettoralistiche e aggregazioni con le forze della “sinistra”, che relegano i comunisti ad una funzione di subalternità storica e di classe. È la questione dell’indipendenza comunista rispetto alle forze borghesi, del profilo autonomo degli interessi del proletariato nello scontro di classe nazionale e nella sua proiezione internazionale, nello scontro interimperialistico che lo rende irriducibile ad alcuno dei campi in lotta Il Partito deve levare in alto la parola d’ordine dell’unità invitando ad un cammino comune con tutti quei compagni che si pongono su questo terreno. Aumentando le iniziative di discussione e dibattito, non temendo il confronto, ma valorizzando nella dialettica delle posizioni le prospettive concrete di avanzamento. L’unità è nulla se ad essa non corrisponde unità ideologica e di visione strategica».

L’unità è un obiettivo da perseguire e per il quale vogliamo contribuire con alcuni punti che, nell’ottica di unità e ricostruzione diventano irrinunciabili. In particolare:

1)    l’autonomia politica dei comunisti e la totale indipendenza dai partiti che accettano come orizzonte il sistema capitalistico. La costruzione del partito comunista non può essere ridotta ad un’opinione più radicale interna al sistema politico borghese, di sue coalizioni o raggruppamenti di sinistra. Costruire il partito comunista significa realizzare lo strumento che scardina quel sistema. In pratica rifiutare ogni forma di alleanza elettorale con il Partito Democratico, ed uscire da qualsiasi visione antistorica di “unità delle forze democratiche costituzionali”. Un rifiuto netto, indipendentemente da chi guida il PD, e espresso tanto a livello nazionale, quanto a livello regionale e locale. Rifiutare l’alleanze con il PD a livello nazionale ma poi praticarla a livello locale si chiama opportunismo. Questo vale anche per forze cosiddette di sinistra (da D’Alema, a Pisapia, passando per Vendola) che ora possono anche distinguersi tatticamente dal PD ma che in prospettiva vogliono crescere per poi allearsi nuovamente con il PD);

2)    la centralità dell’analisi leninista dell’imperialismo, come fase suprema del capitalismo. L’imperialismo non può essere ridotto ad una delle sue fenomenologie, ossia l’aggressione militare. il movimento comunista non può prendere parte strategicamente per uno o per un altro schieramento di forze imperialiste in lotta e che la lotta dei comunisti è rivolta, prima di tutto, alla liberazione dallo sfruttamento capitalistico e all’uscita dei propri paesi dall’Unione Europea, dalla Nato e da ogni alleanze imperialista;

3)    la necessità di abbandonare ogni illusione sulla riformabilità della UE delle sue istituzioni e dei meccanismi economici che ne sono alla base. I comunisti devono in Italia avere come posizione l’uscita del proprio Paese dalla UE. Non basta parlare di semplice lotta per la dissoluzione delle alleanze imperialiste, non specificando come tale dissoluzione possa avvenire. Serve assumere la responsabilità di praticare questa rottura nel solo modo possibile, ossia attraverso la lotta per l’uscita unilaterale dalle alleanze imperialiste. Allo stesso tempo non appartengono ai comunisti ragionamenti sull’Europa a due velocità, su alleanze dei paesi del Sud Europa, sulla semplice uscita dall’euro senza anche uscire dalla UE. Tutte opzioni politiche solo apparentemente alternative ma che in realtà sarebbero favorevoli a settori del capitale e finirebbero per peggiorare la condizione della classe operaia e delle masse popolari;

4)    la consapevolezza, che discende direttamente dai punti precedenti, che l’autonomia politica dei comunisti deve essere tale anche nei confronti delle forze di “sinistra”. Non esiste una sinistra anticapitalista al di fuori dei comunisti: parlare di antiliberismo non è sinonimo di anticapitalismo, ma indica diverse visioni interne alle logiche del capitalismo. Sostenere la riformabilità della UE come fa il Partito della Sinistra Europea e le forze che ad esso aderiscono, rende quelle posizioni incompatibili con quelle dei comunisti. Quindi unità dei comunisti e unità della sinistra non sono sinonimi, e non sono neanche processi che possano marciare insieme. Non bisogna mischiare queste due parole d’ordine con tanta leggerezza, perché dietro ad esse esistono prospettive incompatibilmente divergenti. Pensare di unire i comunisti per poi unirsi con forze di sinistra che hanno prospettive strategiche opposte alle nostre è opportunismo della peggior specie;

5)    contrapposta al rifiuto delle alleanze elettorali, la più grande apertura sul piano delle alleanze sociali. Il lavoro dei comunisti deve essere orientato completamente al sostegno e alla direzione della lotta di classe, e in primo luogo nel lavoro per incrementare la coscienza di classe dei lavoratori, la loro partecipazione alla lotta. I comunisti devono essere capaci di creare un blocco sociale attorno alle rivendicazioni più avanzate della classe operaia, unendo ad essa gli strati sociali a rischio di impoverimento e proletarizzazione, che nella fase del dominio dei grandi monopoli diventano sempre maggiori;

6)    sul piano del conflitto la critica all’operato del sindacalismo confederale e in particolare al ruolo della CGIL deve essere netta e spietata. La prospettiva strategica dei comunisti non può impantanarsi in un impossibile ritorno della CGIL su posizioni di classe, ma deve operare per la costruzione del sindacato di classe, legato internazionalmente alla FSM, che rappresenti effettivamente gli interessi dei lavoratori, che sappia guidare i lavoratori nelle lotte senza cedere a compromessi al ribasso che nel caso del sindacalismo confederale sono ormai sfociati in una posizione di aperto collaborazionismo filo-padronale;

7)    la stretta connessione della ricostruzione comunista con i processi di riorganizzazione del movimento comunista internazionale. Noi riteniamo che in questa fase sia necessaria una maggiore unità d’azione dei comunisti a livello internazionale per rispondere all’attacco padronale, anche a costo di cedere alcuni elementi di direzione politica ad un più stringente coordinamento internazionale. L’adeguamento dialettico alle condizioni nazionali, che pure deve essere presente nell’elaborazione tattica dei partiti, non può portare a torsioni strategiche che finiscono con il giustificare tutto e il contrario di tutto, in nome di presunte vie nazionali al socialismo;

8)    la necessità di fare i conti con l’esperienza del movimento comunista del nostro Paese e in particolare con la storia del Partito Comunista Italiano. Sarebbe un pessimo servizio al processo di ricostruzione comunista quello di chiudersi in una visione religiosa della storia del PCI e non analizzarne gli errori. In particolare non riteniamo possibile nessuna unità comunista senza una chiara condanna dell’eurocomunismo, dell’accettazione dell’ “ombrello della nato”, della politica del compromesso storico e della solidarietà nazionale, elementi centrali del processo di trasformazione del PCI in una forza socialdemocratica.  Allo stesso tempo serve un’autocritica spietata sul periodo che segue allo scioglimento del PCI, e al processo di costruzione del PRC. Serve una critica all’eclettismo e all’opportunismo dominante in quegli anni, ed in particolare al riconoscimento dell’errore storico della partecipazione dei comunisti nei governi di centrosinistra.

9)    non legare l’unità comunista a prospettive meramente elettorali. Questo non significa che i comunisti oggi, in totale autonomia e indipendenza dalle altre forze politiche, non possano e debbano utilizzare lo strumento delle elezioni, ed eventualmente le posizioni nelle istituzioni, come megafono della propria azione nel conflitto di classe. Essere autonomi e indipendenti significa anche non delegare ad altre forze (come fatto da alcune organizzazioni comuniste con i Cinque Stelle o con forze di sinistra) la rappresentanza delle proprie battaglie. In poche parole utilizzare le elezioni, gli spazi mediatici, le istituzioni per la costruzione del partito e il rafforzamento della lotta di classe.

10) dichiarare con chiarezza che il fine dei comunisti è il rovesciamento del sistema capitalistico e la costruzione del socialismo, e operare coerentemente con questa dichiarazione. I comunisti non limitano la loro azione alla difesa di conquiste temporanee, ma legano ogni lotta concreta al processo di accumulazione di forze in chiave rivoluzionaria. Non esistono alternative tra capitalismo e socialismo e non esistono fasi intermedie.

A cento anni dalla Rivoluzione d’Ottobre siamo coscienti delle grandi difficoltà dei comunisti proprio nel momento in cui appaiono così chiare le contraddizioni del capitalismo, nel mondo e nel nostro Paese. Il capitalismo oggi non è in grado di assicurare ai popoli nessun futuro se non sfruttamento, disoccupazione, peggioramento delle condizioni salariali e di vita, guerra, contrasto insanabile con l’ambiente e il carattere finito delle risorse del pianeta. L’attualità della questione comunista è anche sforzo per l’unità dei comunisti, a patto che tali processi siano orientati nella direzione opposta rispetto a quanto fatto in questi anni. Noi vogliamo l’unità dei comunisti, a partire da una coerenza strategica e ideologica, che ha come premessa la critica degli errori passati. Ma respingiamo al mittente ogni proposta di unità o dialogo con forze di sinistra e centrosinistra, magari sotto elezioni.  Una prospettiva che significherebbe relegare i comunisti alla coda di progetti perdenti, che illudono i lavoratori, e che sono perfettamente allineati al potere capitalistico ai diktat della UE e alla Nato, in cambio di qualche posto nelle istituzioni.

Su queste condizioni e a partire da un lavoro comune concreto abbiamo impostato l’unità tra il Partito e il Fronte della Gioventù Comunista e questo riteniamo sia il modello da seguire in futuro. Coscienti della insufficienza delle forze esistenti, a partire da noi, siamo pronti a mettere in discussione la nostra organizzazione a patto che ciò determini un avanzamento e non un passo indietro su quanto, anche se ancora insufficiente, faticosamente è stato costruito in questi anni. Unità con i comunisti, non con quanti vorrebbero trascinare nuovamente i comunisti nel pantano. L’unità senza principi è, al meglio, confusione.

Roma 22 febbraio 2017

UFFICIO POLITICO

PARTITO COMUNISTA

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RIZZO (PC): «L’ULIVO 4.0 NON CI INTERESSA. TRA RENZI E D’ALEMA NESSUNA DIFFERENZA»

RIZZO (PC): «L’ULIVO 4.0 NON CI INTERESSA. TRA RENZI E D’ALEMA NESSUNA DIFFERENZA»

«Il Partito Comunista non è interessato ad alcuna tipo di alleanza che vada nella direzione della ricostruzione del centrosinistra». Così Marco Rizzo, segretario del Partito Comunista sulla proposta avanzata da Bersani. «Quella stagione storica è stata un grande errore per i comunisti e non esiste alcuna condizione per la collaborazione con forze che portano la responsabilità delle politiche antipopolari di questi anni, che sostengono la permanenza dell’Italia nella UE e nella Nato. Questi personaggi che oggi vorrebbero guidare la sinistra sono gli stessi che hanno votato il pareggio di bilancio, il jobs act, la riforma della scuola e che prima ancora promossero analoghe riforme nei governi precedenti. Renzi non è altro che il prodotto finale dei Bersani, D’Alema, di chi ha contribuito a spostare la linea politica del PCI, a scioglierlo e poi a capitolare agli interessi della finanza. Oggi – conclude Rizzo – è questione costitutiva per definirsi comunisti la totale indipendenza rispetto al PD, da ogni ipotesi di nuovo centrosinistra, e dalle forze della cosiddetta sinistra che difendono lo stesso modello di sistema e gli stessi poteri. Questo vale a livello nazionale, quanto regionale e locale. Chi facesse il contrario non potrebbe definirsi comunista».

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RIZZO: «SENZA BERTINOTTI I COMUNISTI STAREBBERO MEGLIO».

RIZZO: «SENZA BERTINOTTI I COMUNISTI STAREBBERO MEGLIO».

«Ho l’ultima immagine di Bertinotti con un crocefisso ad un tavolo di conferenze di comunione e liberazione. Oggi in una trasmissione dice che nessuno deve parlare per vent’anni di comunismo. Bene. Se solo lo avesse detto nel 1994 non lo avremmo fatto segretario e oggi le cose per l’Italia e i comunisti andrebbero molto meglio». Così Marco Rizzo, segretario generale del Partito Comunista.

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