8 MARZO DI LOTTA: CONTRO I PROVVEDIMENTI ANTIPOPOLARI E IL DOPPIO SFRUTTAMENTO! CONTRO IL GOVERNO DI DESTRA CHE GUIDA L’ITALIA, PER LA SOLIDARIETĂ€ DI CLASSE
Anche nel recente passato difficilmente i governi borghesi hanno rappresentato alla perfezione quello che la borghesia italiana, vassallo dei poteri finanziari europei e USA, sta realizzando con un attacco frontale alle classi popolari che non disdegna alcun mezzo per ridurre sul lastrico il proprio nemico di classe: un proletariato che si fa ogni giorno sempre di vasto e che ancora disegna condizione e consapevolezza. E che per questo è oggi molto debole.
Nel mondo oggi sono le donne a riprendere la lotta e per ricostruire la consapevolezza del doppio sfruttamento e quindi la ripresa della coscienza di classe.
I servi sciocchi dell’Europa dei potenti oggi al governo anche in Italia con alla testa il PD, un partito intimamente di destra nelle scelte, nei valori e nelle espressioni, populista ed arrogante, offuscano in ogni modo le capacitĂ critiche di un paese alla deriva politica ed etica. Si parte dall’attacco frontale alle condizioni di vita e di lavoro, passando per l’uso spavaldo dei media, fino ad arrivare alle aggressioni fasciste come ruota di scorta del potere.
E le donne delle classi popolari sono le prime a pagarne il prezzo, peraltro piĂą alto, rappresentato dal doppio sfruttamento.
Le prime ad essere cacciate dal lavoro, a farsi carico dei servizi di cura dei propri familiari, sia giovani che anziani, le prime a pagare lo scotto di una sottocultura e di un analfabetismo civile che è tornato (probabilmente non se ne era mai andato!) più squallido e radicato che mai e che considera la donna oggetto strumentale.
E’ prossimo poi lo smantellamento completo dei servizi sociali, sanitari, assistenziali e della scuola (la privatizzazione ha assorbito quasi tutti i tali servizi e quelli pubblici rimasti versano in condizioni drammatiche, costretti a rifugiarsi in condizioni di qualitĂ sempre peggiori, ovvero quelle riservate alle classi povere) con il conseguente aggravio delle condizioni di vita delle donne che devono supplire ad una situazione che si fa insopportabile.
La controriforma del lavoro, con l’emblematica cancellazione dell’art.18, ne è l’ esempio.
Il fatto che sia stato il partito – tutto oggi al potere a realizzare un’opera che nemmeno i governi di destra erano riusciti a completare, è fatto eloquente.
Non solo il Pd è il responsabile ma pure i sindacati asserviti: tutti Ad iniziare da una CGIL che ha sbraitato con le sue frange piĂą “avanzate” contro il nuovo modello di sviluppo alla Marchionne e le nuove regole di rappresentanza per poi svendere le lotte e festeggiare le poche assunzioni nell’inferno della catena di montaggio della nuova Fiat dell’ “amico Sergio” (come lo chiama Landini!) e le vittorie di Pirro delle elezioni sindacali, che hanno visto escluse le sigle di base che non hanno firmato gli accordi per ridurre le rappresentanze del lavoratori ad un teatrino consociativo.
Un simile processo sociale esclude completamente le donne delle classi lavoratrici da qualsiasi protagonismo. Le ricaccia in un contesto familiare sempre piĂą precario, soffocato dai problemi e dall’isolamento e che facilmente diventa violento e sempre col le donne vittime.
A nulla servono le performance mediatiche imbastite dagli stessi gruppi affini alle classi dominanti, se non per far cassetta pure esse!
Non è vero che si deve lottare per tutte le donne: si deve lottare per le donne delle classi sfruttate, per quelle delle classi popolari, ex lavoratrici, precarie, disoccupate, contro il doppio sfruttamento e contro chi lo impone sia pure utilizzando una maschera che solo gli sciocchi o i conniventi, non vogliono svelare.
Le donne del governo Renzi e di chi lo sostiene sia in politica che nella società civile, sono altrettanto piene di disprezzo verso le donne, soprattutto proletarie, da non poter dissimulare il loro odio di classe.
8Â marzo all’insegna della lotta, contro il doppio sfruttamento, per coltivare e rendere piĂą forte il legame internazionale e di classe con le donne che lottano nelle altre parti del mondo, che si oppongono al vero nemico: padronato e finanza, banche, politica asservita.
Senza mediazioni, senza cedere alle lusinghe di accomodamenti orami impossibili.
Solo la solidarietĂ di classe potrĂ produrre resistenza per difendere quel poco di diritti sociali e civili che la lotta del movimento delle donne e di un forte movimento operaio, avevano assicurato all’Italia e che oggi, in assenza di una organizzazione politica e sindacale di classe, sono stati aggrediti e cancellati da chi si vantava di esserne paladino.
Nel tempo costoro (PD, sindacati, cespugli politici ed associativi) nulla hanno fatto per contrastarne l’avanzata: oggi sono inattendibili quanto impresentabili.
Le donne del Partito Comunista sono con le donne operaie, lavoratrici, precarie, disoccupate in lotta per il lavoro e per una società migliore, ispirata ai principi socialisti di giustizia ed eguaglianza: lottiamo contro un nemico di classe oggi molto forte e che solo la prospettiva di una società comunista può sconfiggere!
Monica Perugini
Responsabile nazionale donne del Partito Comunista
8 MARZO: STORIA, NON LEGGENDA
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di Silvia Stefani
Un’occasione per ricordare le conquiste sociali e politiche delle donne e per intensificare la lotta contro le discriminazioni e le violenze. Una giornata di riflessione su ciò che ancora c’è da fare. L’8 marzo, Giornata Internazionale della Donna – e impropriamente definita Festa della donna – è questo, non altro. Non è una serata da trascorrere con le amiche in pizzeria (o peggio, sul modello dello sciovinismo machista, in locali che ospitano baldi ragazzotti smutandati per l’occasione). Non è nemmeno – come narra la famosa leggenda – la commemorazione delle operaie morte nel rogo della Cotton di New York nel 1908.
La Giornata Internazionale della Donna trova le sue radici a Stoccarda, in occasione del VII Congresso della II Internazionale socialista (18–24 agosto 1907). Nella cittĂ tedesca 884 delegati di 25 nazioni, compresi i maggiori dirigenti marxisti del tempo (i tedeschi Rosa Luxemburg, Clara Zetkin, August Bebel, i russi Vladimir Il’iÄŤ Ul’janov Lenin e Julij Martov e il francese Jean Jaurès) votarono una risoluzione che impegnava i partiti socialisti a lottare energicamente per l’introduzione del suffragio universale delle donne, senza allearsi con le femministe borghesi che reclamavano il diritto di suffragio, ma con i partiti socialisti che lottano per il suffragio delle donne.
Subito dopo, la conferenza internazionale delle donne socialiste – alla quale parteciparono 58 delegate di 13 paesi – istituì l’Ufficio di informazione delle donne socialiste e la rivista Die Gleichheit (L’uguaglianza), diretta da Clara Zetkin, divenne l’organo dell’Internazionale stessa.
Ma la decisione di non allearsi con le femministe borghesi non fu da tutti condivisa. Corinne Brown scrisse sulla rivista The Socialist Woman, che il Congresso non avrebbe avuto alcun diritto di dettare alle donne socialiste come e con chi lavorare per la propria liberazione. E il 3 maggio 1908, durante la consueta conferenza domenicale del Partito socialista di Chicago nel Garrick Theater, Brown portò la discussione sullo sfruttamento delle operaie, sulle discriminazioni sessuali e sul diritto di voto alle donne. Quell’ appuntamento, a cui tutte le donne erano state invitate, prese il nome di “Woman’s Day”: il giorno della donna, appunto. L’iniziativa non ebbe immediate ripercussioni, ma alla fine dell’anno il Partito socialista americano decise di riservare l’ultima domenica di febbraio 1909 all’organizzazione di una manifestazione in favore del diritto di voto femminile.
In Germania, in Austria, in Svizzera e in Danimarca la manifestazione approdò per la prima volta il 19 marzo 1911, promossa dal segretariato internazionale delle donne socialiste, mentre in Francia si tenne il 18 marzo 1911 nel quarantennale della Comune di Parigi.
La prima volta della Russia fu invece a San Pietroburgo (3 marzo 1913) quando il Partito bolscevico organizzò una manifestazione nella Borsa Kalašaikovskij, poi interrotta dalla polizia zarista.
In Germania, dopo la celebrazione del 1911, la giornata fu ripetuta solo l’8 marzo 1914 e decretò l’inizio di una settimana rossa di agitazioni dei socialisti tedeschi. In Francia si tenne il 9 marzo 1914 e ad organizzarla fu il Partito socialista.
La data dell’8 marzo arrivò nel 1917, quando le donne di San Pietroburgo scesero in piazza per chiedere la fine della guerra, dando così vita alla rivoluzione russa di febbraio. Evento che ispirò le delegate della Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste a Mosca, nella scelta dell’8 marzo come data per celebrare la Giornata Internazionale dell’Operaia.
In Italia, la prima Giornata Internazionale della Donna è datata 1922 e presenta la stessa connotazione politica e di rivendicazione sociale. L’iniziativa dilagò nel 1945, quando l’Unione Donne in Italia (formata da donne di Pci, Psi, Partito d’Azione, Sinistra Cristiana e Democrazia del Lavoro) celebrò la Giornata della Donna nelle zone giĂ liberate dal fascismo. Dall’8 marzo 1946, la ricorrenza ha riguardato tutta la penisola e la mimosa, che fiorisce nei primi giorni di marzo, è stata scelta come suo simbolo. Negli anni successivi la Giornata ha assunto le caratteristiche di rivendicazione dei diritti femminili (ricordiamo il divorzio, la contraccezione, la legge 194, che ha legalizzato l’aborto) e di difesa delle conquiste delle donne.
La caratteristica fortemente ideologica della Giornata della Donna, l’isolamento politico della Russia e del movimento comunista hanno contribuito a disperdere la memoria storica delle origini della manifestazione. In questo contesto si inseriscono le versioni fantasiose che iniziarono a circolare dal secondo dopoguerra e che, come abbiamo precedentemente ricordato, identificano l’8 marzo con l’anniversario della morte delle operaie dell’inesistente fabbrica di camicie Cotton, di New York. Confusione probabilmente generata da una reale tragedia: l’incendio della fabbrica Triangle, nel corso del quale il 25 marzo 1911 morirono 146 lavoratori, in gran parte giovani donne immigrate dall’Europa. Nonostante le ricerche di molte femministe abbiano smentito tali ricostruzioni, queste ancora si diffondono, in particolare per la propaganda delle organizzazioni sindacali.